È TUTTO FRUTTO DELLA FANTASIA?
Mi è capitato, durante uno sonnecchioso e annoiato zapping televisivo, di imbattermi su TV2000, la TV della CEI [Conferenza Episcopale Italiana, insomma, la TV dei vescovi].
Era in onda una discussione tra vari ospiti [un prete, una giornalista, un filosofo e uno storico] sul tema delle Sacre Scritture.
La conversazione procedeva stancamente, e solo la simpatia spontanea del prete e quella dello storico mi hanno trattenuto dal cambiare canale.
Mentre si susseguivano ordinatamente, e senza alzare la voce, tesi, antitesi e sintesi fra i vari ospiti [è questo il pregio della programmazione di TV2000], la giornalista lancia improvvisamente una “provocazione”: “La Bibbia è stata ispirata da Dio o è il frutto della fantasia dell’Uomo?”.
Il prete risponde prontamente, cercando di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: “L’una e l’altra. Il racconto biblico è ispirato da Dio, ma mediato dall’Uomo per renderlo fruibile e intellegibile all’Umanità.”
Il filosofo obietta, richiamando la capacità dell’Uomo di “inventarsi storie” per giustificare la propria insaziabile Curiosità ontologica e il bisogno di risposte, finendo poi per crederci davvero. E qui il filosofo snocciola tutta la storia dell’Umanità, dalle più antiche Civiltà fino alle attuali, complottismo compreso.
Anche lo storico interviene, legando l’organizzazione sovrastrutturale e dottrinale delle religioni alla funzionalità di controllo del Potere e dell’ordine sociale, oltre che all’amministrazione della Res Publica e della Giustizia.
Insomma, un colpo di scena. Nella TV della Chiesa, le Sacre Scritture stavano per finire nello scaffale dei libri fantasy o, più rispettosamente, in quello dei libri politico-sociali.
La conduttrice manda una salvifica pubblicità e, dopo qualche minuto, riprende con un interessante servizio sul ciclo degli affreschi giottiani nella Basilica di San Francesco d’Assisi. Buonanotte ai suonatori.
Cambio canale e mi rifaccio gli occhi con i menu di Benedetta, immaginandomi a tavola, in attesa che mi serva una delle sue creazioni.
Eppure, la domanda della giornalista continuava a frullarmi in testa: “La Bibbia, ispirazione o fantasia?”.
La Bibbia, in un modo o nell’altro, l’ho letta tutta o me la sono fatta leggere durante le frequentazioni della Messa [una sorta di “Audible”] e la maggior parte dei racconti mi è sempre sembrata “umana”, ovvia. A partire dalla summa di tutte le “ispirazioni divine”: i 10 Comandamenti.
Dieci comandamenti “banali”. Qualsiasi società, anche la più primitiva, quella dove la gente va in giro con un perizoma di vimini e copricapi di piume di uccello lira, che crede in tante divinità quanti sono i fenomeni naturali [ben spiegabili], si dà le medesime regole, comandamenti dettati dalla sola logica.
Per non parlare di tutti quei libri con ammonimenti morali, proverbi, norme di comportamento, norme igieniche e alimentari: insomma, una sorta di manuale delle Giovani Marmotte per sopravvivere in questa Valle di Lacrime e oltre.
Ma anche ciò che attiene direttamente alla Divinità, alla sua nascita, alle profezie, alla fine è forse frutto della fantasia umana?
Esiste da qualche parte un’indicazione, un brano, qualcosa che non può che essere stato ispirato direttamente da Dio?
A questo punto mi sovviene il mio caro nonno Antonio, classe 1908, ingegnere meccanico e uomo di poca Fede, sebbene “un bravo cristiano” [perché, se per comportarti bene devi essere minacciato da una divinità, allora non sei proprio una brava persona]. Da bambino passavo le estati da lui e mi riempiva di cose da fare. Acquistava immancabilmente la Settimana Enigmistica e la completava ogni settimana. A me lasciava le più semplici: unisci i puntini, riempi gli spazi, le barzellette. Piano piano, mi avviava alla risoluzione dei giochi più complicati. Oggi compro la Settimana regolarmente, ogni settimana, la completo tutta, partendo dall’unire i puntini, e mi dura esattamente una settimana. Non vedo l’ora di trasmettere il testimone al/alla mio/a nipotino/a. Ricordo anche che strappava un foglio dal blocco, disegnava tanti cerchietti di varie dimensioni, riempiendo il foglio, e poi mi chiedeva di dirgli, senza usare la matita, da quale parte girava l’ultimo cerchio in basso a destra. Ma sto divagando e pure emozionando… Di nonno Antonio parlerò in una prossima Bustina.
Nonno Antonio non credeva a nulla della Bibbia. Per lui era solo un meraviglioso e terribile libro, esempio della grande Fantasia dell’Uomo, ma anche della pericolosità della sua capacità di interiorizzare e credere fermamente a ciò che legge o gli raccontano. Per questo l’Uomo ha reso la propria vita un vero Inferno. Aveva vissuto la Prima Guerra Mondiale, il fascismo, combattuto la Seconda, vissuto il dopoguerra, il ‘48, gli Anni di Piombo, gli scaldamuscoli e le spalline: troppe brutture per una visione ottimistica dell’Umanità.
Ironizzava sempre su alcuni passi della Bibbia. Mi diceva: “Tersitino, ma se i soli figli di Adamo ed Eva erano due maschi, Caino e Abele, e morto uno per mano dell’altro, l’Umanità come si è formata?”. Io lo guardavo ammirato e smarrito, senza capire nulla di quello che mi diceva, né il nesso. Lo sapevano tutti che i bambini li porta la cicogna o nascono sotto i cavoli.
Un’altra delle sue ironie riguardava il passo della Genesi 18-23, in cui Mosè, salito sul Sinai, chiede a Dio di mostrarsi. Dio risponde: “Passerò davanti a te ma non mi potrai vedere, perché nessun Uomo può vedermi e rimanere vivo”. Allora, nonno faceva facce buffe e diceva: “Ma come, sei Dio e NON PUOI perché se no MUOIO? Sei Dio, potrai fare quello che vuoi, e quindi non farmi morire! Sei o non sei ONNIPOTENTE, no?”. Poi si metteva a ridere e scuoteva la testa, dicendomi che da grande avrei capito.
Oggi sono grande, e quella trasmissione su TV2000 mi ha riportato tutto alla mente. Ora capisco cosa voleva dirmi nonno Antonio.
Innanzitutto, contestualizziamo la scena. Siamo intorno al 1500 a.C., il Popolo di Israele è ridotto in schiavitù dalla più grande civiltà del tempo [e non solo], quella egizia, che adora una pletora di divinità. Il Popolo di Israele conosce altre Civiltà, come quella assiro-babilonese, con il suo “olimpo” di dei. Ma il Popolo di Israele adora un solo Dio.
In questo contesto, un uomo [forse più autori, ma concentriamoci sull’autore di quel passo, Genesi 18-23], uno schiavo israelita, si siede nella sua povera casa e, al lume di una piccola lampada a olio, inizia a scrivere.
È giunto al punto cruciale: Mosè chiede al suo Dio di mostrarsi in tutta la sua Gloria, e Dio si rivela… esattamente come Mosè, con il suo stesso colorito, abiti, capelli. Così come per le altre divinità, il Dio è simile al proprio adoratore. Basta guardare le divinità assiro-babilonesi o greche: inconfondibilmente assiri e greci.
Ma quel povero schiavo, pieno di rancore verso gli oppressori, non “coglie l’occasione” di prendersi una rivincita letteraria, immaginando Dio uguale a sé, riconoscibile. Sceglie invece di evitare la descrizione, rischiando di rappresentare Dio come un “quasi-onnipotente” e di esporre il fianco all’ironia di nonno Antonio.
Ora sono adulto e, pur non avendo vissuto le due guerre mondiali, il '48 e gli anni di piombo, ho comunque avuto modo di studiarli e, ahimè, di assistere ad altre brutture di cui è capace l'umanità.
“Non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi senza morire”.
Già! L'uomo è stato capace di enormi crimini verso sé stesso, nel passato, nel presente e, cosa ancor più drammatica, verso il proprio futuro, solo per aver supposto che le sembianze di Dio fossero identiche alle sue, discriminando chi non era simile a lui. Figuriamoci, poi, se ne avesse avuto conferma.
A questo punto possiamo considerare tutto questo semplicemente come letteratura, frutto del più grande filosofo della storia, profondissimo conoscitore dell’animo umano e della sua ontologia, privo di risentimento e completamente obiettivo, oppure possiamo “scomodare” l'ispirazione divina?
Non so se Nonno Antonio lo avesse capito o, semplicemente, lo provocasse. Forse non riusciva a perdonare a Dio questa sua “indifferenza” di fronte alle tragedie perpetrate dall'uomo in Suo nome. Non lo saprò mai, ma credo di somigliare molto a Nonno Antonio.
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