EFFETTO BUTTERFLY
[Ripropongo una vecchia bustina scritta all'epoca dei fatti]
In una anonima provincia del Nord, in un piccolo Paesello di circa 13 mila anime, una imprenditrice locale, poco avvezza al digitale, confeziona una recensione fake ricevuta alla sua attività di ristoratrice e simula una risposta che pubblica su un social.
La recensione è di quelle che fanno indignare perché l’ipotetico avventore dice di essere stato costretto a mangiare a fianco di omosessuali e a un disabile. La risposta è esemplare e chiosa sull’accoglienza senza se e senza ma del suo locale.
Insomma, la storia, ancorché inventata, ha una intenzione narrativa positiva e, ahinoi, verosimile. Se ce l’avessero raccontata o ci fossimo imbattuti casualmente nel post dell’imprenditrice non avremmo minimamente dubitato della veridicità del post e ci saremmo indignati contro l’avventore e applaudito alla ristoratrice. Anche in questo caso senza se e senza ma.
Questo perché il post non era contro una parte della Società o contro una parte politica o contro una categoria di persone di buona volontà che operano nella legalità.
In quel caso avrebbe scatenato una legittima polemica a difesa delle categorie tirate in ballo e, a sua volta, legittimato una puntigliosa verifica del post.
Ma il post esponeva al ludibrio un atteggiamento considerato raccapricciante, vergognoso, incivile da tutti.
Nessuno, se non con intento provocatorio, avrebbe difeso l’avventore, nemmeno se verso le persone omosessuali o con disabilità, a lui, danno fastidio.
Certi pensieri fanno vergognare a dirli pure a chi li ha e prevale il senso del pudore.
Anche il teorico del “Diritto all’Odio”, il Generale VANNACCI, ha detto che non si rivolge in questi termini, per educazione e senso civico, agli “anormali”.
Riassumendo, non c’era da parte dell’Opinione Pubblica nessun interesse sociale, economico, politico, ideologico, di categoria, o anche solo per “eristica” da difendere o nessuno che si fosse, dichiarandosi, autodifeso.
La questione sarebbe rimasta circoscritta al Paesello o giù di lì se sul post non fosse caduto l’occhio di un giornalista “nazionale”.
Forse casualmente, forse perché ha semplicemente inserito qualche parola chiave come “omofobia”, “intolleranza”, “inciviltà”, etc in un motore di ricerca o chissà come, ed è apparso sullo schermo del suo cellulare o PC.
La cosa, così casuale come era stato finora poteva, sempre casualmente, continuare. Poteva “morire” lì, sfogliata via distrattamente dalle pagine del cellulare o del PC o diventare ispirazione per un editoriale o volutamente scartata perché non empatica, etc.
Il giornalista invece, sensibile alle esternazioni omofobiche o di intolleranza nei confronti della condizione di disabilità delle persone, rilancia il post e in un attimo diventa virale, travalicando i confini dell’anonima provincia del Nord.
Per qualche giorno l’imprenditrice, suo malgrado, diventa l’eroina e riceve il plauso da parte di tutto il web, Ministra compresa. Una bella storia positiva che, una volta tanto, faceva risonare il web con armoniche eufoniche.
Purtroppo la fiction narrativa, a differenza delle Fiabe, non può essere tollerata. Qualcuno si accorge che il post, il racconto, non è vero e la sola verosimiglianza non è più abbastanza, non è più accettabile. Nemmeno se non nuoce a nessuno, a meno che non si ritengano offesi gli omofobi, gli intolleranti, gli incivili e quindi da difendere dal DOVERE all'odio, questo sì meritevole, verso questi individui.
Quel qualcuno ha dalla sua una grande forza mediatica, è un Sansone professionista che agita sapientemente, roteandola, una mascella d’asino che travolge e sfianca tutto e tutti, senza distinzioni. In questo, il Sansone, è democratico. La mascella d’asino colpisce con la stessa forza il Potente e l’impotente.
Chi racconta storie verosimili ma false per un milionario tornaconto personale e chi lo fa per qualche cliente in più nella pizzeria di provincia. Il Principio è unico, ha la forza di un Comandamento, senza distinzioni. Tutti hanno diritto di sapere che un racconto è vero e non verosimile. Esiste una sola Verità e su questo Sansone è un Giudice autorevole, autoritario e zelante.
L'imprenditrice viene travolta. Interviste incalzanti, il web che si indigna “tradito” nella fiducia si scaglia contro con veemenza, violenza e forza. La piccola bugia, nata per rimanere in una anonima provincia del Nord diventa un tradimento così grave che Dante l'avrebbe buttata a capofitto fra le fauci di Satana insieme agli altri tre grandi traditori della Storia.
La donna però non è una politica, una abituata a fare spallucce alle critiche e alle accuse, anche se sono fatte dalla Magistratura per gravi e infamanti motivi. È una Donna qualunque, senza strumenti, senza capacità dialettiche e forza mediatica. Sopraffatta si toglie la Vita. Lo fa nello stesso posto dove, anni prima, se l'era tolta il fratello. Come a cercarlo per accompagnarla, come Virgilio, nell'Ade.
Sansone, davanti a questa tragedia, non si ferma a riflettere, a sospendere il suo agitare la mandibola d’asino. Anzi, mostra il Comandamento scolpito nella Pietra senza possibilità di aggiungere riferimenti, asterischi. Sansone mostra le sue medaglie conquistate combattendo da Giusto Potenti e impotenti. Per Sansone il ladro di quadri d'autore, la finta benefattrice, chi non paga il giusto trattamento economico dei suoi dipendenti, l’anonima pizzaiola che si inventa una storiella, tutti allo stesso modo.
Di questa storia, fra pochi giorni non se ne parlerà più e Sansone, passata la piccola brezza che scompiglia i suoi capelli, tornerà a roteare la mascella d’asino senza guardare in faccia a nessuno.
[Oggi, la Procura ha chiesto l'archiviazione del caso. La Signora si è suicidata senza che al gesto l'abbia indotta o portata nessuno. Lo ha fatto solo per la vergogna di aver scritto una recensione falsa... Per la Procura tutto il resto non ha minimamente influito.]
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