TU IPSE, TYLER


Che spettacolo grottesco ci è toccato assistere! Un circo dell’orrore allestito con la solita maestria dell’ipocrisia nostrana, dove giornalisti e politici hanno dato prova di un talento raro: ribaltare la realtà fino a trasformarla in caricatura.

Negli Stati Uniti, l’assassinio di Charlie Kirk ha scatenato l’ennesima orgia di odio. La destra, come un’orchestra di tromboni stonati, ha subito intonato il solito ritornello: il colpevole doveva essere un migrante, un nero, un anarchico, o magari tutti insieme. Fox News sparava complotti a raffica, i seguaci di Kirk rovesciavano bile sui social, e i megafoni dell’odio suonavano a morto la decenza.

E in Italia? È andata in scena la farsa delle farse. Mentre oltreoceano si costruivano castelli di carte intrisi di pregiudizi, i nostri commentatori hanno pensato bene di invertire il copione: non denunciare il razzismo, ma accusare la sinistra di condurre una “campagna d’odio” contro la destra. Geniale, davvero.

Così il problema non era che Kirk, fino all’ultimo, avesse alimentato una propaganda di omofobia e razzismo. 

No: lo scandalo era che qualcuno osasse criticarlo. Politici di maggioranza hanno recitato la parte dei paladini dei “valori tradizionali”, dimenticando che proprio in nome di quei valori Kirk aveva seminato disprezzo per anni. La memoria selettiva, in Italia, funziona meglio di qualsiasi algoritmo.

I giornalisti, dal canto loro, hanno preferito puntare il dito contro l’“eccessiva veemenza” della sinistra. Come se il vero problema fosse il tono della protesta e non il razzismo stesso. Un trucco da prestigiatori della retorica: far sparire l’elefante e accusare chi lo indica.

Poi la rivelazione: l’assassino non era il migrante immaginario, ma Tyler Robinson, ragazzo bianco, figlio di una famiglia repubblicana, cresciuto nella cultura delle armi che Kirk venerava. Un boomerang perfetto. Eppure, anche di fronte all’evidenza, i commentatori hanno rigirato la frittata: “Vedete? La sinistra ha esagerato nelle sue reazioni”. Non più il razzismo al centro, ma la reazione alla reazione. Un gioco di specchi da teatro dell’assurdo.

Il capitolo più cinico è arrivato con la gestione del lutto. Trump, tra lacrime di coccodrillo e bandiere a mezz’asta, ha proclamato la “tragedia che ha colpito l’America”. Curiosa memoria: quando a morire furono democratici, nessun cordoglio ufficiale. Ma per Kirk, sì: lutto nazionale, solenni discorsi, patriottismo a comando.

E naturalmente, l’Italia non poteva mancare: veglie, candele, dichiarazioni commosse per un uomo che incarnava la loro narrativa politica. Qualcuno, come Pillon, si è persino spinto a paragonarlo a Gesù [sic!]. E non per modo di dire: lo ha scritto davvero, con la serietà di un chierico improvvisato, come se Kirk fosse il nuovo Messia del conservatorismo occidentale. Una beatificazione lampo, degna di un santino da bancarella. Peccato che il “martirio” di Kirk non sia stato predicare amore e perdono, ma costruire per anni un pulpito d’odio.

Per le vittime “sbagliate”, invece, silenzio. Nessuna preghiera, nessuna candela, nessuna similitudine evangelica. Il cordoglio trasformato in merce politica, dosato con la precisione di un farmacista cinico.

Così si è chiuso lo spettacolo: giornalisti che raccontano la storia al contrario, politici che fanno del lutto un privilegio, e un paese che si accoda servilmente al delirio altrui. Sul palco resta soltanto la polvere amara di una recita in cui l’odio non viene mai chiamato col suo nome, e la morte diventa marketing politico.

Sipario.

Commenti

  1. Hai una "sublime" capacità di narrazione dei fatti, sia attuale che storica, da poter essere un punto di riferimento culturale per molti. Complimenti! Questa bustina è eccellente!

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  2. Ottimo e dritto al punto.

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