SAN FRANCESCO


Leggere San Francesco antimoderno di Guido Vignelli significa imbattersi in un ritratto sorprendente, che scardina molte delle immagini rassicuranti che abbiamo del santo di Assisi. Non il “santino” gentile e disarmato, ma un uomo radicale, un rivoluzionario della fede. Vignelli mostra come Francesco non si sia mai adattato al suo tempo: lo ha invece capovolto. Non per ribellione sterile, ma per fedeltà assoluta al Vangelo. Di fronte ai nostri idoli moderni – individualismo, autosufficienza, culto del possesso – Francesco indica la strada opposta: dipendenza da Dio, obbedienza alla Chiesa, povertà volontaria, servizio agli altri. Un paradosso che suona stranamente attuale, perché in controtendenza. La vera libertà non è sciogliersi da ogni vincolo, suggerisce Vignelli, ma legarsi a ciò che trascende l’io.

Un’interpretazione radicale, che trova un contrappunto curioso in un altro libro recente: Francesco. Il primo italiano di Aldo Cazzullo. Qui lo sguardo è diverso. Francesco non è definito per contrasto con la modernità, ma celebrato come padre fondatore di una coscienza nazionale. Non soltanto il santo che parla all’umanità intera, ma anche l’uomo che ha contribuito a forgiare l’Italia. Cazzullo ripercorre i grandi episodi della sua vita – la rottura con il padre, la spoliazione, il lupo di Gubbio, l’incontro con il Sultano, l’invenzione del presepe, il Cantico delle Creature – con una prosa narrativa, colta e insieme popolare, che mette in luce la forza di una figura capace di parlare a tutti. Per lui Francesco non è tanto l’antidoto al presente, quanto un’eredità da rivendicare: la radice di un’identità che è insieme spirituale e civile.

Il contrasto tra le due letture è affascinante. Vignelli ci consegna un Francesco che smaschera le illusioni del progresso e ci richiama al dono di sé. Cazzullo, al contrario, lo colloca dentro il filo della storia italiana, come colui che ha seminato valori destinati a diventare patrimonio di un popolo. Due prospettive diverse, ma non inconciliabili: perché Francesco è davvero entrambe le cose. È il santo che interroga la nostra libertà individuale e, allo stesso tempo, la radice di un’appartenenza collettiva.

Forse è proprio questa la sua forza inesauribile. Francesco non smette di parlare, al singolare e al plurale. Non soltanto al nostro cuore, ma anche alla nostra memoria. In un tempo frammentato, ci ricorda che la vera rivoluzione non nasce dal possedere o dal dominare, ma dal servire e dal donarsi. Non una voce del passato, dunque. Piuttosto un richiamo urgente, necessario, eterno.

Commenti

Post popolari in questo blog

IL SONDAGGIONE: IO VOTO VANNACCI PERCHÈ...

È TUTTO FRUTTO DELLA FANTASIA?

DIALOGO VS MONOLOGO