LA GRANDE RICCHEZZA

Landini propone una patrimoniale dell’1,3% sui patrimoni oltre i due milioni, per finanziare sanità e scuola. Idea sensata, almeno sulla carta. Magari gli ospedali smettono di fissare visite e analisi nel 2035 e i professori di comprare la carta igienica di tasca propria. Ma basta un tweet di Giorgia Meloni — “giù le mani dalle tasche degli italiani” — e subito il suo elettorato esplode come se avesse appena sventato un colpo di Stato comunista. In fondo in Italia siamo tutti piccoli miliardari nel cuore, l’appartamentino di cinquanta metri quadri a Vigasio diventa una villa a Montecarlo da difendere con le unghie e coi denti contro il bolscevismo fiscale. E la sinistra? Cita Piketty, mostra grafici della Svezia, parla di giustizia sociale come un prete che fa messa in una chiesa vuota, senza degnarsi di dire in parole semplici che la prima casa non la tocca nessuno, che le piccole imprese sono esenti, che si parla di patrimoni milionari veri, non di chi paga un mutuo da trent’anni per una casa in periferia. Così l’italiano medio, quello da 1.200 euro al mese e tre mila risparmiati in vent’anni, si sveglia di notte sudato, convinto che Landini voglia portargli via il frigorifero e il televisore comprato a rate su TEMU. E allora vota Meloni, che gli promette che nessuno gli toccherà niente — e in effetti è vero, perché non ha proprio nulla da toccare. Landini intanto va in piazza, alza il pugno e parla di lotta di classe come se fossimo ancora nel ’77, la folla applaude commossa, poi torna a casa e controlla l’home banking per vedere se è arrivata una cartella per il divano di Mondo Convenienza. E Meloni ride, perché ha capito che la battaglia della paura è vinta: la paura batte sempre la ragione, e se convinci la gente che qualcuno vuole portarle via quel poco che ha — anche se è pochissimo — quella gente ti seguirà ovunque. Nel frattempo i veri ricchi, quelli con decine di milioni, stanno tranquilli nei loro uffici climatizzati, spostando soldi tra Svizzera e Lussemburgo. Li vedi? No. Li senti? Mai. Ma ridono, in silenzio, mentre guardano i poveracci scannarsi per difendere il nulla. È una partita di scacchi eterna, e noi siamo i pedoni. Ci muoviamo di una casella alla volta, ci sacrifichiamo uno dopo l’altro per proteggere il Re. Lui resta al sicuro, noi scompariamo dalla scacchiera, convinti di aver combattuto per qualcosa. La sinistra continua a parlare di equità e solidarietà come se fossero bestemmie da dire sottovoce, incapace di tradurre quei concetti in un linguaggio che non suoni come un sermone. E così il Paese affonda, il debito cresce, gli ospedali cadono a pezzi, le scuole pure, ma la destra festeggia per aver salvato il bilocale, la sinistra piange un’altra sconfitta, e i ricchi — quelli veri — continuano a vincere senza nemmeno giocare. Alla fine restiamo noi, i pedoni, a farci la guerra tra poveri, spaventati dalla patrimoniale come dai fantasmi, sognando la flat tax come il biglietto d’oro per l’America. E intanto l’Italia ride di sé stessa, mentre affonda lenta, come un comico che continua a raccontare barzellette mentre la sala prende fuoco, e nessuno, proprio nessuno, si accorge dell’odore di bruciato.

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