REINCARNAZIONE QUANTISTICA


La questione della reincarnazione, quando la si osserva con un minimo di rigore logico e la si confronta con la realtà demografica contemporanea, diventa un laboratorio quasi comico per capire come i sistemi religiosi cerchino di conciliare la propria cosmologia con un mondo che cresce numericamente molto più in fretta delle loro spiegazioni. La popolazione umana è passata da pochi milioni nel paleolitico a oltre otto miliardi oggi, e continua ad aumentare. Se prendiamo sul serio la premessa induista e buddhista secondo cui nascere umani è un evento rarissimo, raggiunto solo dopo un lungo processo di purificazione attraverso innumerevoli forme di esistenza inferiori, allora sorge spontanea una domanda imbarazzante: da dove arrivano tutte queste anime improvvisamente “pronte” per incarnarsi in corpi umani? Un meccanismo selettivo e lentissimo dovrebbe produrre numeri relativamente stabili, non un’esplosione demografica. Le tradizioni provano a rispondere in vari modi. C’è chi invoca i cicli cosmici dei kalpa, tempi così dilatati da non poter essere né confermati né smentiti, perfetti per mettere a tacere qualsiasi obiezione empirica. Altri preferiscono l’immagine di un serbatoio infinito di anime distribuite in un multiverso spirituale, il che aggiunge fascino ma anche ulteriori interrogativi, perché proprio ora questo affollamento di incarnazioni sulla Terra? Siamo al centro di un’eclissi metafisica? Un’altra interpretazione suggerisce una distinzione tra quantità e qualità delle rinascite, quasi come se la valuta karmica si fosse inflazionata, più corpi disponibili, meno valore spirituale intrinseco. Interessante, certo, ma non risolve il problema. Anzi, qui si innesta un’altra osservazione, quasi parodistica, visto l’enorme numero di esseri umani attuali, sembrerebbe che moltissime anime abbiano improvvisamente raggiunto la quota necessaria di “energia positiva” per transitare in uno stato karmico superiore. È una versione implicitamente “quantistica” della reincarnazione, come se l’universo funzionasse per soglie discrete di vibrazione morale, superi il livello di energia, come in un salto elettronico, e ti ritrovi umano. Ma se davvero miliardi di anime hanno simultaneamente raggiunto questo livello energetico elevato, allora dovremmo trovarci in un’età d’oro di altruismo e compassione, circondati da esseri raffinati da millenni di esperienze e lezioni karmiche. E invece basta scorrere le notizie per accorgersi che non viviamo affatto in un mondo impregnato di questa famosa “energia positiva”. Guerre, ingiustizie, crudeltà e meschinità si manifestano con una regolarità quasi termodinamica. Se questo è ciò che otteniamo dopo miliardi di cicli di purificazione, viene da chiedersi se il sistema cosmico funzioni davvero come dichiarato o se il salto quantico karmico sia più un’escamotage poetico che una dinamica reale. Questo paradosso, però, non serve tanto a smontare la reincarnazione, quanto a mostrare come le dottrine religiose riflettano i contesti in cui sono nate. Nell’antica India, dove gli esseri umani erano pochi e la natura traboccava di altre forme di vita, l’idea della rarità dell’incarnazione umana aveva senso intuitivo. I sistemi religiosi, una volta consolidati, tendono a spiegare via le contraddizioni invece di rivedere le premesse, è il loro modo di negoziare il rapporto con una realtà che cambia più in fretta delle cosmologie. Le interpretazioni più raffinate del buddhismo spiegano il karma come una legge impersonale di causa-effetto sull’esperienza, non come un bilancio morale, e sostengono che un’anima non “fa” nulla per reincarnarsi in umano. Semplicemente risale quando l’energia karmica negativa si esaurisce, come una particella che torna a uno stato eccitato per naturale rilascio di energia. Ma questa lettura, proprio perché più sottile, rende il paradosso ancora più pungente, implica che miliardi di anime abbiano esaurito la loro energia negativa nello stesso periodo storico, producendo un picco di stati karmici superiori che la realtà, però, non sembra minimamente confermare. Alla fine, il modo più sincero di affrontare questo rompicapo è riconoscere che la reincarnazione  [“quantistica” o no] appartiene più al regno dell’utilità esistenziale che a quello della verifica empirica. Non descrive con precisione la struttura dell’universo, ma offre senso, consolazione e una narrazione morale all’esperienza umana. E quando la si guarda così, il paradosso numerico perde il suo peso. Non è un errore del cosmo, ma semplicemente un segnale di come noi esseri umani cerchiamo ordine in un mondo che, per natura, sfugge alle nostre equazioni.

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