GENTE DI MARE



Ne sono convinto, e lo andrò a dimostrare, che la gente di mare — o meglio, la gente che gode della vicinanza con il mare — abbia una marcia in più rispetto agli altri.

Il mare esercita una positiva influenza anche sul "fancazzismo", stimolandone la creatività e portando il suo popolo a ricercare sempre cose nuove, nuove tecniche, nuovi modi di affrontare la vita.

Guardate, per esempio, lo sviluppo e l’evoluzione che la marineria ha avuto nel corso dei millenni: dalla semplice navigazione su un tronco alla deriva, fino agli aliscafi ultramoderni, senza contare sommergibili, portaerei, navi cargo, e così via.
Nuove tecniche di navigazione, l’invenzione di strumenti come la vela latina, la vela quadra, la bussola, i remi… L’applicazione di principi fisici e idrodinamici sempre più sofisticati.

A differenza dei popoli di montagna, che invece hanno mantenuto, tutto sommato, invariato il loro approccio alla vita montana.
Insomma, salire su una montagna ha visto un’evoluzione dei materiali, certo, ma non delle tecniche, che sono rimaste sostanzialmente le stesse.
La montagna è reazionaria: rappresenta lo status quo. Preclude l’orizzonte, che si può vedere solo salendo sulla cima più alta — vetta che solo pochi riescono a conquistare.

La montagna è castrante. Ti fa sentire impotente. È la metafora della vita perdente, della mediocrità.
All’inizio ti stimola, ti sfida, e la cosa può sembrare appagante. Poi, però, appena lasci i sentieri facili già tracciati, diventa difficile, insormontabile.

Il mare, invece, è progressista. Ti fa viaggiare con la fantasia, ti mostra l’orizzonte, ti congiunge con il cielo. Bastano poche bracciate verso il largo per sentirsi liberi — liberi da ogni legame con il mondo, persino dalla sua gravità.
Provate a chiudere gli occhi, anche a pochi metri dalla riva: galleggiate, lasciatevi cullare dalle onde. L’acqua che vi tappa le orecchie vi isola. Siete soli, voi e il nulla.
È un regredire allo stato fetale, avvolti in un nuovo liquido amniotico: stavolta nel grembo della nostra Madre Terra.

Il mare è sviluppo: commerciale, culturale. Le più grandi e durature civiltà sono sorte vicino al mare. Le altre sono soccombute — sì, participio passato del verbo “soccombere” — quando hanno avuto contatto con civiltà marinare.
Guardate cosa sono riusciti a fare 500 spagnoli [gente di mare] contro intere civiltà precolombiane (montane).

Il mare è apertura mentale, tolleranza, unione tra popoli. Non a caso si dice "porto di mare" per indicare un luogo popolato da persone tra loro diverse.
La montagna, invece, isola, separa, traccia confini netti e visibili. Non a caso veniva usata come confine di Stato.

Nel mare, fino a un paio di secoli fa, i confini erano determinati dalla gittata dei cannoni delle artiglierie costiere. Oggi è impensabile: le gittate sono globali.

Il mare è scoperta: si può godere in 3D [anche sott’acqua]. La montagna, al massimo, in 2D.
La montagna risponde con l’eco: risposte stupide a frasi inutili.
Il mare, invece, preferisce il silenzio e pretende rispetto. Quando ci entri, non puoi parlare.

E non poteva che essere così: la vita nasce in acqua, e noi stessi siamo composti in gran parte da acqua.

La montagna è un fatto isolato. È una sfida tra te e lei. Le storie di montagna parlano sempre di una persona, o di un piccolo gruppo. La montagna è sempre solitudine.

Il mare può essere anche solitudine, ma può essere vissuto da intere nazioni.

Persino nella Bibbia, la montagna è il luogo in cui l’uomo — Mosè — riceve regole: i comandamenti del non fare [non uccidere, non rubare, non desiderare...].
Anche Gesù, nel discorso della montagna, dà altri ordini: i comandamenti del fare [veste gli ignudi, disseta gli assetati, sfama gli affamati…].
Insomma, sulla montagna si ricevono ordini.

Il mare, invece, non dà ordini. Sei libero di essere ciò che vuoi. A tuo rischio, ma a tua scelta.
Solo attraversando il mare Mosè raggiunge la libertà per il suo popolo. Finché rimane sulla montagna, davanti al Mar Rosso, il suo popolo non è ancora libero.

Il mare non si interessa a te. Se non vai da lui, lui non viene da te. Se ne frega.
Mica come la montagna, che se Maometto non la va a trovare... va lei a trovare lui.

E poi parliamo delle ragazze: in montagna sono super coperte — giubbotti, uose valdostane, sciarpe, pantaloni imbottiti, Moon Boot, maglioni, passamontagna…
Al mare, invece… capisc’ammè.

Mio nonno Antonio era innamorato del mare. Ci era nato, ed era un marinaio: la massima espressione del marinaio — un sommergibilista.

Una volta, da piccolo, gli chiesi a modo mio cosa rappresentasse per lui il mare.
E lui, senza rispondere a parole, mi portò in montagna. Furono ore di camminata lungo sentieri silenziosi. Quasi non parlammo. Lui era serio.

Poi, arrivammo su un piccolo altipiano. Da lì si dominava tutta la zona, e in fondo, lontano, si stagliava azzurro il mare.
Lo guardai in volto, e stavolta stava sorridendo.

Per quanto mi riguarda, quel giorno da bambino imparai una grande lezione:
se sei in cima a una montagna e ti viene voglia di un cocco fresco o di un gelato…
non c’è nessun chioschetto dove comprarli. Mica come al mare.

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