SIA FATTA LA TUA VOLONTÀ
[Altro ricordo di fatti di cronaca che hanno scosso l'Opinione pubblica e le nostre coscienze]
La vicenda di Indi Gregory, conclusasi nelle prime ore del 13 novembre 2023, rappresenta uno di quei casi che trascendono la dimensione puramente cronachistica per diventare cartina tornasole delle contraddizioni profonde che attraversano la nostra epoca, rivelando le fratture ideologiche, morali e politiche che caratterizzano il dibattito pubblico contemporaneo. Ciò che colpisce maggiormente in questa tragedia non è tanto la sofferenza della piccola Indi, che pure rimane il nucleo umano e doloroso attorno al quale tutto ruota, quanto piuttosto la scia viscida di strumentalizzazioni che ha accompagnato ogni fase della vicenda, trasformando una questione di vita e di morte in un campo di battaglia ideologico dove ciascun attore politico e sociale ha cercato di ritagliarsi uno spazio di visibilità, spesso perdendo di vista la centralità della persona umana che dovrebbe essere al centro di ogni riflessione etica. Il mondo pro-life, con le sue certezze granitiche sulla sacralità della vita, si è trovato paradossalmente alleato con forze politiche che in altre circostanze non esiterebbero a combattere, dimostrando come la strumentalizzazione politica riesca a creare convergenze opportunistiche che nulla hanno a che fare con la coerenza dei principi, mentre dall'altro lato il governo Meloni ha visto nell'intera vicenda un'occasione per riaffermare la propria identità valoriale, quasi che la tragedia di una bambina potesse diventare un manifesto politico, un simbolo da sventolare per consolidare il consenso elettorale. Ma è soprattutto la retorica della "sfida a Dio" che rivela l'ipocrisia più sottile e pericolosa di questo dibattito, quella che vede nell'Occidente secolarizzato un nemico di Dio stesso, come se la scienza medica e la razionalità fossero per loro natura antitetiche alla fede, dimenticando che questa stessa retorica, se applicata coerentemente, dovrebbe portare al rifiuto di ogni forma di intervento medico, di ogni tentativo di curare le malattie, di ogni sforzo per alleviare la sofferenza umana. La cartina tornasole dell'ipocrisia emerge con chiarezza quando si analizza la preghiera del Padre Nostro, quella che secondo la tradizione cristiana è l'unica preghiera che Dio stesso ha insegnato direttamente agli uomini, forse proprio per evitare le interpretazioni fantasiose e le manipolazioni che hanno caratterizzato gran parte della tradizione scritturale, e che nei suoi primi versi stabilisce con chiarezza l'ordine gerarchico dell'universo e l'impotenza dell'uomo di fronte alla volontà divina, suggerendo che tutto ciò che accade, nel bene e nel male, nel piacevole e nel tragico, è espressione di quella volontà superiore alla quale l'uomo non può che sottomettersi. Eppure, proprio coloro che si richiamano a questa sottomissione sono i primi a non accettarla quando la realtà non si conforma alle loro aspettative, trasformando la fede in ideologia e la religione in strumento di lotta politica. La scienza, in questa prospettiva, non dovrebbe essere vista come una sfida prometeica all'autorità divina, ma piuttosto come parte di quel percorso di crescita e di emancipazione che Dio stesso ha tracciato per l'umanità dopo la cacciata dal paradiso terrestre, quando l'uomo si è trovato costretto a fare i conti con la propria fragilità e ha dovuto sviluppare conoscenze e competenze per sopravvivere in un mondo ostile, un mondo dove la malattia, la sofferenza e la morte sono parte integrante dell'esperienza umana. Non c'è punizione divina nel progresso scientifico, così come non c'è punizione divina nel fallimento della scienza quando questa si trova di fronte ai propri limiti, perché sia il successo che il fallimento sono parte di quello stesso disegno che trascende la comprensione umana. Nel caso di Indi Gregory, la scienza medica ha riconosciuto con umiltà la propria impotenza, ha accettato di non poter fare nulla per salvare quella piccola vita, e in questo riconoscimento c'è stata più autenticità cristiana di quanta se ne sia vista in tutte le polemiche che hanno accompagnato la vicenda, perché l'umiltà di fronte al mistero della vita e della morte è forse la virtù più genuinamente religiosa, quella che distingue la vera fede dall'orgoglio ideologico. Chi invece non ha mostrato questa umiltà sono proprio coloro che hanno trasformato la tragedia in una bandiera, che hanno usato la sofferenza di una bambina per riaffermare le proprie posizioni preconcette, che hanno scambiato la fedeltà a Dio con la fedeltà a un'agenda politica, dimostrando che spesso i veri nemici della fede non sono coloro che la contestano apertamente, ma coloro che la strumentalizzano per fini che con la fede non hanno nulla a che fare. In questo senso, la vicenda di Indi Gregory diventa un caso paradigmatico di come la politica contemporanea tenda a colonizzare ogni spazio dell'esperienza umana, trasformando anche i momenti più sacri e intimi in occasioni di scontro ideologico, perdendo di vista quella dimensione di compassione e di solidarietà che dovrebbe essere al centro di ogni società che si definisce civile, e rivelando come dietro la maschera della moralità si nasconda spesso una forma di cinismo che non esita a usare la sofferenza altrui per i propri scopi, in un meccanismo perverso che trasforma le vittime in simboli e i simboli in armi di battaglia politica.
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