PROVA ANCORA. SBAGLIA ANCORA. SBAGLIA MEGLIO.
Sui migranti, sono decenni che l'attuale formula si rivela fallimentare. Se agli inizi poteva avere un senso, con pochi migranti in arrivo, oggi è più sconveniente che praticabile. È necessario un radicale cambio di paradigma. Questa stessa destra, salita al Governo promettendo blocchi navali e rimpatri di massa, oggi si trova ad affrontare un fenomeno inarrestabile per un Paese democratico e civile, aggravato da un declino demografico inesorabile e difficile da invertire in tempi brevi.
Oggi la destra parla di "necessità di una immigrazione legale", ovvero di accogliere solo gli immigrati che servono e, possibilmente, già formati nei Paesi d'origine, attraverso canali legali e sicuri, sottraendoli ai trafficanti di esseri umani.
AMEN.
Sfido chiunque a non concordare con questo programma di buon senso, quasi un "evangelismo laico" di saggezza. Eppure, la realtà è tutt'altra. Non perché il progetto sia irrealizzabile, ma perché non rappresenta un'alternativa completa al fenomeno migratorio.
Ci sarà sempre un flusso incontrollato di migranti. La disperazione non può essere fermata per decreto, e, anche istituendo "agenzie di reclutamento" nei Paesi di partenza, chi resterà escluso non si rassegnerà. Piuttosto che pagare per corrompere le autorità locali per avanzare in graduatoria, "investiranno" in un viaggio della speranza.
Abbiamo compreso, in una visione di lungo termine, che c'è un disperato bisogno di persone per occupare posti di lavoro che gli italiani stessi non vogliono più fare, preferendo migrare a loro volta verso Paesi che offrono condizioni economiche più vantaggiose rispetto al livello di studi o alla professionalità acquisita. Dal 2020, oltre 600.000 italiani sono emigrati, più del numero di migranti arrivati e stabilitisi in Italia.
Formare un lavoratore secondo le normative è già complesso e costoso in Italia, figuriamoci farlo in Paesi dove le nostre leggi sono considerate quasi fantascienza. Senza contare che, una volta formati e portati in Italia, questi lavoratori potrebbero trovarsi a percepire salari inadeguati a una vita dignitosa o essere vittime di sfruttamento.
A questo punto, sembra più razionale formare qui coloro che, comunque, sono già arrivati.
Quindi, ci vuole un cambio di paradigma? La risposta è sì… perlomeno tentarci. L'attuale approccio è fallimentare, come abbiamo ampiamente sperimentato.
E allora, se dobbiamo sbagliare, sbagliamo almeno in modo diverso, sbagliamo meglio. Questo nuovo approccio passa attraverso alloggi dignitosi, scuole per i bambini, e percorsi di formazione per gli adulti in quei settori lavorativi dove c’è domanda. Ovviamente, controlli e espulsioni per reati o indegnità devono restare: chi vuole lavorare e costruirsi un futuro deve poter rimanere. È più gestibile di considerare tutti indiscriminatamente fannulloni o delinquenti.
Ma come fare?
Per cominciare, iniziamo a non considerarli clandestini. Questo termine è inutile e non ha alcun senso giuridico per il migrante, diventando solo un peso amministrativo per la magistratura e un onere per le forze dell’ordine. Chiamiamoli come fanno i francesi, "sans papier", senza documenti, trattandoli come un problema amministrativo e non come criminali.
Poi, organizziamo un’accoglienza degna di un Paese civile, quella che io chiamo "accoglienza virtuosa".
Accoglienza non significa "venite tutti, c’è posto", come certa propaganda politica ha insinuato, facendone campagna elettorale e strumentalizzandola per scopi d'odio. Un’accoglienza organizzata e civile può rispondere positivamente a tanti aspetti che oggi ci preoccupano. Come Paese, abbiamo "avuto la fortuna" di affrontare il fenomeno migratorio solo di recente, e abbiamo dagli altri Paesi esempi negativi di come non si deve gestire la migrazione. Eppure, stiamo attuando quegli stessi errori.
Un’altra considerazione: la gestione dell’accoglienza non può essere condotta esclusivamente dallo Stato, ma necessita della collaborazione di terzi (cooperative). Una gestione meramente statale avrebbe costi elevatissimi in termini di personale (con dipendenti pubblici che costano di più e richiedono ferie, malattia, turni, ecc.), senza contare la necessità di rivolgersi comunque a ditte esterne per diversi servizi, con un ulteriore aggravio amministrativo.
Ne abbiamo un esempio imbarazzante con i CPR in Albania, dove i costi per migrante e l’efficacia lasciano a desiderare. E cosa accadrà se un futuro governo albanese, oggi all’opposizione e contrario all’operazione voluta da Rama, cambierà la situazione? Vedremo.
Torniamo in Italia: qui lo Stato può destinare fondi per organizzare controlli efficaci sulle cooperative. Queste ricevono un importo per migrante, discutibile ma, se visto nell'ottica di un’accoglienza virtuosa, rappresenta un vero e proprio investimento. I 35 euro per migrante, spesso strumentalizzati, aiutano le cooperative a sostenere attività italiane come ospitalità, ristorazione, sanità e assistenza legale, con conseguente occupazione.
Attualmente, l'accoglienza è solo passiva. Manca un investimento nella formazione di queste persone, un investimento nel futuro. Il migrante, nell'attuale paradigma, non è visto come una risorsa per il futuro ma come un fastidio per il presente.
Un ulteriore aspetto meritevole di attenzione è l'effetto positivo che queste dinamiche possono avere anche per i Paesi d'origine. Abbiamo un esempio proprio in Italia: 33 anni fa, a Bari sbarcarono 20.000 albanesi. Insieme ai polacchi, erano considerati un'immigrazione di disperati e criminali. Ma un'integrazione inizialmente difficile, attraverso lavoro e scuole per i bambini, li ha portati oggi a essere perfettamente integrati nel tessuto socio-economico italiano. Con le loro rimesse hanno contribuito anche alla crescita economica e democratica nei loro Paesi.
Da "aiutiamoli a casa loro" a "aiutiamoli ad aiutarsi da casa nostra".
Infine, l’aspetto più importante per il futuro del nostro Paese: il cambio di narrazione sui migranti e la lotta contro la diffusione dell'odio.
Dipingerli come brutti, sporchi e cattivi, generalizzando qualsiasi fatto o reato che li riguardi, alimenta un odio che rende impossibile qualsiasi progetto di integrazione e difficoltosa la vita anche per i cittadini italiani di origine straniera o per i figli adottati da coppie italiane.
Condivido quasi tutto. Secondo me i lavori che nessuno vuole fare devono essere strapagati e automatizzati. Ovviamente non vogliamo una così alta emigrazione, perché è indice di disagio, quindi in primo luogo sarebbe questo il problema da affrontare. In ogni caso servono immigrati ma poi non gli diamo lavoro, bo
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