Prima di tutto...


«Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e fui contento, perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei, e stetti zitto, perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali, e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti, e io non dissi niente, perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me, e non c'era rimasto nessuno a protestare.»

L'immagine è indubbiamente forte e lascia un sapore amaro, evocando il rischio di una deriva autoritaria in una democrazia che sembra avviarsi verso un regime. Si rivolge a un pubblico incapace di riflettere in modo critico, di valutare la realtà, confezionando un messaggio che colpisce direttamente la "pancia" del proprio elettorato.

Che il Paese più potente al mondo, in una base militare dell'esercito più potente al mondo, debba incatenare un piccolo gruppo di migranti clandestini ha il chiaro intento di trasmettere un'immagine di pericolosità di quei migranti. Non sappiamo se abbiano commesso crimini, né di che tipo, e la comunicazione è volutamente priva di ogni "giustificazione". Qualcuno si prenderà la briga di approfondire, ma la maggioranza si fermerà all'immagine, soprattutto perché non si identifica con quelle persone.

Nel frattempo, Trump sta chiudendo uffici legati alla transizione ecologica, alla libertà di aborto e all'inclusione. È un quadro che dipinge un futuro sempre più cupo, in cui non c'è spazio per chi è diverso o vulnerabile.

Questa è la vera pericolosità della propaganda: non solo distorce la realtà, ma plasma una società incapace di empatia e pronta a voltarsi dall’altra parte. Sta a noi, allora, non fermarci all’immagine, ma fare domande, approfondire, e soprattutto riconoscere l’umanità che ci accomuna a chi oggi viene mostrato come "nemico". Solo così possiamo evitare che la democrazia perda la sua essenza, trasformandosi in ciò che dovrebbe combattere.

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