PENNETTA NERA

In un paese dove la memoria storica è spesso trattata come un fardello da scrollarsi di dosso, il raduno degli Alpini si è trasformato in un simbolo di questa ambiguità. Un coro intona "Faccetta Nera", la celebre canzone di propaganda coloniale fascista, e la nostalgia si fonde con l’amnesia. Perché niente celebra meglio il passato che una melodia che inneggia alla conquista e all’oppressione.

Ma che importa? Per alcuni è solo una canzone, un momento di allegria condivisa. Eppure, dietro quelle note si nasconde un passato fatto di violenza e sopraffazione, una storia che non può essere ridotta a semplice folklore. Cantare "Faccetta Nera" in un raduno che dovrebbe celebrare il sacrificio e il coraggio degli Alpini suona come un’amara ironia. Perché molti di quegli stessi Alpini furono vittime di scelte scellerate di un regime che glorificava la guerra e la conquista.

Ecco il paradosso: celebrare il sacrificio ignorando le cause che lo hanno reso necessario. Un brindisi alla memoria dei caduti, ma con una canzone che evoca l’ideologia che li ha mandati a morire. Come se la memoria fosse una questione di selezione, come se potessimo scegliere cosa ricordare e cosa dimenticare, sempre nel nome del divertimento.

La reazione pubblica è stata immediata, segno che la memoria, per quanto maltrattata, non è ancora del tutto spenta. L’Associazione Nazionale Alpini ha preso le distanze, ribadendo che "Faccetta Nera" non rappresenta i valori dell’adunata. Le forze politiche locali hanno condannato l’episodio, definendolo "un insulto alla memoria". Il ministro della Difesa ha invitato a non strumentalizzare l’evento, ma è proprio questo il punto: la memoria storica non è una strumentalizzazione, è un patrimonio. Ed è proprio quando la trattiamo come un ornamento che iniziamo a perderla.

È la solita commedia italiana: celebriamo il sacrificio e il coraggio, ma solo se possiamo farlo con un motivetto spensierato. La memoria diventa un accessorio, un’opzione che possiamo selezionare o ignorare a seconda dell’umore. E mentre brindiamo, mentre cantiamo, dimentichiamo. Ma si può davvero costruire una democrazia su una memoria selettiva? Possiamo davvero onorare i caduti e le vittime di un’epoca di oppressione, mentre ridiamo e cantiamo le canzoni che quella stessa oppressione celebravano?

Ecco la contraddizione tutta italiana: ricordare senza ricordare davvero. E ogni coro spensierato diventa un nuovo chiodo sulla bara della nostra memoria storica.

Commenti

  1. È una riflessione che può adattarsi a tutto ciò che sta avvenendo con questo governo: si giustifica l'ingiustificabile!

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