CECILIA, L'INFERNO E IL BUON DIAVOLO

C'è una riflessione che dovremmo fare partendo da molto lontano, da una storia che conosciamo tutti ma di cui forse non abbiamo mai considerato le implicazioni politiche: la "demonizzazione" del Diavolo. Sembra un paradosso, lo so, ma pensateci un momento. Nelle tradizioni religiose occidentali, il Diavolo è stato trasformato da figura complessa - un angelo caduto, quindi originariamente divino - in un'entità puramente malvagia, senza sfumature, senza possibilità di redenzione. Questa operazione teologica ha avuto conseguenze enormi sulla nostra capacità di comprendere il male e, soprattutto, di gestirlo politicamente.

Se il Diavolo fosse rimasto quello che era nelle prime tradizioni - un essere con caratteristiche umane, con le nostre stesse miserie, orgoglio, invidia, paura - forse avremmo imparato a riconoscere il male come qualcosa che nasce da noi, dalle nostre debolezze, e quindi come qualcosa su cui possiamo lavorare. Invece, trasformandolo in un'entità assoluta e aliena, abbiamo creato il modello perfetto per ogni futura demonizzazione: c'è sempre un nemico totalmente malvagio, irrecuperabile, con cui non si può dialogare e che va semplicemente combattuto, annientato.

Questo meccanismo ha plasmato millenni di storia umana. Ogni potere ha sempre avuto bisogno del suo Diavolo: gli eretici per la Chiesa medievale, i barbari per l'Impero romano, i comunisti per l'America del dopoguerra, i fascisti per i sovietici, i migranti, etc. E ogni volta, questi nemici venivano descritti esattamente come il Diavolo teologico: puro male, senza possibilità di redenzione, alieno rispetto a "noi" che invece siamo puri e buoni. Questa logica binaria ha giustificato crociate, inquisizioni, guerre mondiali, genocidi. Perché quando il nemico è il Male assoluto, ogni mezzo diventa lecito per combatterlo.

La genialità - se così vogliamo chiamarla - di questo sistema è che mantiene le società sotto controllo attraverso la paura costante. Hai sempre bisogno di un nemico esterno per giustificare la repressione interna, per chiedere sacrifici ai tuoi cittadini, per mantenere l'unità nazionale. È un regime sottile ma efficacissimo: non devi mettere carri armati per le strade se riesci a convincere la gente che là fuori c'è il Diavolo che vuole distruggerli. E quando il Diavolo di turno viene sconfitto o si rivela meno diabolico del previsto, ne spunta subito un altro. È un ciclo infinito.

Ora, la vicenda di Cecilia Sala in Iran ci mette di fronte esattamente a questo meccanismo. L'Iran, nel nostro immaginario occidentale, è diventato uno di questi Diavoli contemporanei: regime teocratico, programma nucleare, terrorismo, oppressione delle donne. Tutto vero, per carità, ma raccontato sempre in modo da cancellare qualsiasi sfumatura, qualsiasi complessità umana. È come se tutto il paese si riducesse al suo governo più autoritario, come se ogni iraniano fosse un piccolo ayatollah che sogna di distruggere l'Occidente.

I post di Sala sui social - quelli che mostravano giovani iraniani per le strade di Teheran, donne nei caffè senza il velo obbligatorio, quella che lei chiamava "la nuova faccia dell'Iran" - hanno fatto qualcosa di rivoluzionario: hanno umanizzato il Diavolo. Hanno mostrato che dietro l'etichetta "Iran" ci sono persone normali, con sogni e paure come tutti noi. E questo ha dato fastidio a molti, perché quando umanizzi il nemico, diventa molto più difficile giustificare la guerra.

Il punto è che quando noi occidentali parliamo dell'Iran, di solito lo facciamo sempre attraverso le stesse immagini demoniache: mullah con la barba, pasdaran armati, minacce nucleari, terrorismo. È la stessa tecnica usata per secoli: trasformi un intero popolo in una caricatura malvagia, in un nemico astratto che diventa facile odiare e, alla fine, facile da bombardare. È la demonizzazione applicata alla geopolitica.

Sala invece ha fatto l'opposto: ha mostrato facce umane, persone normali che vanno al caffè, che si innamorano, che studiano, che hanno le nostre stesse contraddizioni. Non è che abbia nascosto la repressione - il fatto stesso che l'abbiano arrestata è la prova più chiara che il regime iraniano è autoritario e brutale. Ma ha fatto vedere che sotto quel regime vivono esseri umani, non demoni incarnati. E questa distinzione non è una sottigliezza accademica, è una questione di vita o di morte. 

Se guardiamo la storia, ogni volta che un paese ha attaccato un altro, prima c'è stata una campagna di demonizzazione. I giapponesi durante la Seconda Guerra Mondiale diventavano "demoni gialli", gli iracheni nel 2003 erano tutti "terroristi", i serbi negli anni '90 erano "demoni etnici". Sempre la stessa storia: trasformi l'altro nel Diavolo, così diventa facile accettare che venga distrutto. È un meccanismo psicologico potentissimo, che funziona proprio perché affonda le radici in millenni di condizionamento religioso e culturale.

Ma cosa sarebbe successo se, invece di demonizzare sistematicamente i nostri nemici, avessimo sempre cercato di capirli, di vedere la loro umanità? Se invece di trasformare ogni conflitto in una guerra tra il Bene e il Male assoluti, avessimo riconosciuto che spesso si tratta di scontri tra interessi diversi, paure diverse, debolezze umane diverse? Forse avremmo avuto meno guerre, meno genocidi, meno odio.

L'Iran di oggi è un paese incredibilmente complesso e contraddittorio, esattamente come tutti i paesi del mondo. Sì, c'è un regime teocratico che impone il velo, che reprime il dissenso, che finanzia gruppi armati in tutto il Medio Oriente. Ma c'è anche una popolazione giovane e educata, spesso molto critica verso il governo. Le proteste del 2019 e soprattutto quelle del 2022 con il movimento "Donna, Vita, Libertà" hanno mostrato che esiste una società civile vitale, coraggiosa, che sfida quotidianamente l'autoritarismo. Milioni di iraniani non si riconoscono nel loro governo, proprio come milioni di cittadini di tutto il mondo non si riconoscono nei loro leader.

Quello che ha fatto Sala è stato de-demonizzare l'Iran, mostrandone la complessità umana senza negarne i problemi. Non ha detto che è tutto rose e fiori, ha semplicemente documentato che anche sotto un regime oppressivo la vita continua, le persone resistono, creano spazi di libertà. E paradossalmente, proprio questo approccio finisce per delegittimare il regime più di tante analisi geopolitiche. Quando vedi quanto gli iraniani normali sono diversi dai loro governanti, capisci che il problema non è il popolo iraniano ma chi lo governa.

È interessante notare che lo stesso regime iraniano sembra aver capito il potere sovversivo di questa umanizzazione. Il fatto che abbiano arrestato Sala proprio mentre documentava la società civile iraniana dimostra che erano consapevoli del messaggio che stava mandando. Temevano che le sue storie mostrassero troppo chiaramente il contrasto tra il popolo e il governo, che rompessero l'immagine monolitica che serve a mantenere il controllo.

Questo ci riporta al discorso iniziale sul Diavolo. I regimi autoritari, tutti, hanno bisogno di nemici demonizzati per sopravvivere. Il regime iraniano ha bisogno del "Grande Satana" americano e del "piccolo Satana" israeliano per giustificare la repressione interna e mantenere l'unità nazionale. Allo stesso modo, certi settori dell'establishment occidentale hanno bisogno dell'"Asse del Male" iraniano per giustificare spese militari, interventi esterni, alleanze geopolitiche. È un gioco perverso in cui tutti i poteri si alimentano reciprocamente attraverso la demonizzazione dell'altro.

Ma quando qualcuno come Sala rompe questo schema, quando mostra l'umanità dell'altro, tutto il castello di carte rischia di crollare. Diventa molto più difficile accettare moralmente di bombardare un paese quando hai visto i volti di quei giovani che ridono nei suoi video, quando hai capito che anche lì ci sono madri che si preoccupano per i figli, studenti che preparano gli esami, coppie che si sposano. L'umanizzazione è il nemico numero uno di ogni propaganda di guerra.

Per noi che viviamo in democrazie occidentali, questa è una lezione fondamentale. Siamo continuamente bombardati da narrazioni che ci presentano nemici demonizzati: prima erano i sovietici, poi i terroristi islamici, ora sono i cinesi, i russi, gli iraniani. Sempre la stessa storia, sempre la stessa tecnica. E noi, come società, dovremmo aver imparato a riconoscere questo meccanismo e a resistergli.

Non si tratta di essere ingenui o di negare che esistano regimi oppressivi e pericolosi. Il governo iraniano è autoritario, quello cinese reprime i dissidenti, quello russo fa guerre di aggressione. Ma si tratta di riconoscere che questi regimi non rappresentano i loro popoli, che dietro ogni etichetta geopolitica ci sono milioni di persone normali che meritano rispetto e comprensione.

Se davvero vogliamo costruire un mondo più pacifico, dobbiamo smettere di cercare sempre il Diavolo da combattere e iniziare a cercare l'umanità da comprendere. Questo non significa rinunciare ai nostri valori o accettare tutto, significa semplicemente riconoscere che l'altro, anche quando è nostro nemico, rimane comunque umano. E che le soluzioni ai conflitti si trovano parlando con gli esseri umani, non combattendo contro i demoni.

La vicenda di Cecilia Sala, alla fine, ci dice qualcosa di profondo su come dovremmo raccontare il mondo. In un'epoca in cui tutto sembra polarizzato, in cui ogni storia deve avere i buoni da una parte e i cattivi dall'altra, il suo lavoro ci ricorda che la realtà è sempre più complessa e sfumata. L'Iran che emerge dai suoi reportage non è il paradiso democratico che alcuni critici le attribuiscono di aver descritto, ma neanche l'inferno diabolico che spesso domina l'immaginario occidentale. È semplicemente un paese normale, abitato da persone normali, governato da un regime che non le rappresenta.

E forse è proprio questa normalità che dovremmo imparare a vedere e a raccontare, se vogliamo spezzare il ciclo millenario della demonizzazione. Perché alla fine, la pace non la fanno i governi, la fanno i popoli. E i popoli si capiscono solo quando si riconoscono reciprocamente come esseri umani, con tutte le loro contraddizioni, i loro sogni, le loro paure, le loro debolezze. Questo è quello che ha fatto Cecilia Sala, forse senza rendersene conto: ha reso più difficile demonizzare l'Iran, e quindi ha reso più facile immaginare la pace.
Ha fatto quello che forse avremmo dovuto fare secoli fa con il Diavolo: lo ha umanizzato.

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