GOGNA DIGITALE

Ecco cosa accade quando l'ipocrisia collettiva incontra la tecnologia della vergogna istantanea: un CEO e una Chief HR si abbracciano a un concerto dei Coldplay e improvvisamente l'intero universo digitale si trasforma in un tribunale morale composto da giudici che probabilmente non hanno mai letto un codice etico aziendale ma si sentono autorizzati a emettere sentenze definitive sulla base di quaranta secondi di video sgranato. Andy Byron e Kristin Cabot sono finiti nella gogna mediatica globale per quello che potrebbe essere stato un semplice abbraccio tra colleghi o, al peggio, un momento di intimità che riguardava esclusivamente loro e le persone a loro vicine, ma che invece è diventato l'ennesimo spettacolo per le masse assetate di scandali e la dimostrazione perfetta di quanto siamo diventati una società di voyeur travestiti da moralisti. La kiss cam dei Coldplay, quel momento di supposta spontaneità e divertimento innocuo che dovrebbe celebrare l'amore, si è trasformata in una macchina della tortura pubblica degna dei tempi più bui della storia, solo che invece delle pietre abbiamo i meme e invece della gogna abbiamo TikTok, ma il risultato è lo stesso: distruzione sistematica della dignità umana per il puro intrattenimento delle masse. Chris Martin che ironizza dicendo "o stanno avendo una storia o sono molto timidi" non poteva sapere che stava innescando una bomba sociale, ma il fatto che al concerto successivo abbia sentito il bisogno di chiedere "voi due siete regolari?" dimostra perfettamente come anche lui si sia reso conto del mostro che aveva contribuito a creare, quel mostro fatto di curiosità morbosa e giudizio sommario che trasforma ogni momento umano in contenuto per i social. Il sessismo che ha colpito Kristin Cabot, ribattezzata "Chief Legspreading Officer" dai leoni da tastiera, è solo la ciliegina sulla torta di una società che pretende di essere progredita ma che alla prima occasione tira fuori tutti i pregiudizi più arcaici e primitivi, perché è sempre più facile puntare il dito contro una donna che ammettere che forse, solo forse, quello che fanno due adulti consenzienti in privato non ci riguarda affatto. L'azienda Astronomer che sospende entrambi i dirigenti sta semplicemente cedendo alla pressione di una folla digitale che non conosce i fatti, non sa nulla delle loro vite private, non ha mai lavorato con loro ma che improvvisamente diventa esperta di etica aziendale e relazioni interpersonali, dimostrando quanto siamo diventati schiavi dell'opinione pubblica anche quando questa opinione è basata sul nulla cosmico più assoluto. La scomparsa del profilo LinkedIn di Byron e la rimozione del cognome dai social da parte della moglie sono i segnali tangibili di come la gogna digitale non si accontenti di distruggere la reputazione professionale ma punti direttamente al cuore della vita privata, delle famiglie, dei figli che non hanno chiesto niente a nessuno ma che si ritrovano i genitori al centro di un ciclone mediatico scatenato da quaranta secondi di video. Il fatto che circolino lettere di scuse false attribuite ai protagonisti dimostra fino a che punto la macchina del gossip digitale sia disposta a spingersi pur di mantenere vivo lo spettacolo, inventando se necessario, falsificando se utile, manipolando sempre, perché l'importante non è la verità ma il click, la visualizzazione, il commento indignato che genera altro engagement. E alla fine, quando tutto il casino si sarà placato, quando i meme saranno diventati vecchi e la gente avrà trovato un nuovo scandalo di cui occuparsi, resteranno due persone con la vita distrutta, le carriere compromesse, i rapporti familiari danneggiati e la consapevolezza amara che in questa epoca di sorveglianza perenne non esiste più alcuno spazio per l'errore, per la fragilità umana, per quel momento di debolezza che una volta poteva restare privato ma che oggi diventa automaticamente spettacolo pubblico. La vera domanda non è se Byron e Cabot stessero davvero tradendo i rispettivi partner, ma perché diavolo dovrebbe interessarci e soprattutto perché ci sentiamo autorizzati a trasformare le loro vite in intrattenimento per il nostro tempo libero, come se fossero personaggi di una soap opera e non esseri umani con sentimenti, famiglie, dignità e diritto alla privacy che evidentemente abbiamo deciso di abolire nel momento in cui qualcuno decide di puntargli una telecamera addosso.

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