BLOCCO VIRALE


Eccoci qui, con l'Italia che fa la scena madre sulla questione degli emendamenti OMS, agitando la bandiera della sovranità nazionale come se fosse stata appena strappata dalle grinfie di qualche oscuro burocrate ginevrese, quando in realtà si tratta di modifiche che puntavano a rendere più efficace la risposta globale alle emergenze sanitarie, ma evidentemente questo dettaglio minore è sfuggito al ministro Schillaci che ha preferito seguire la scia dell'amministrazione Trump, perché si sa, quando c'è da scegliere tra cooperazione internazionale e populismo da quattro soldi, la seconda opzione ha sempre un fascino irresistibile per chi deve strizzare l'occhio all'elettorato più sospettoso. La lettera del 18 luglio al direttore generale Tedros Ghebreyesus suona come un piccolo capolavoro di retorica burocratica condita da una buona dose di paranoia istituzionale, dove il "rifiuto di parte italiana di tutti gli emendamenti adottati" viene presentato come un atto di eroica resistenza contro non si sa bene cosa, forse contro l'idea che di fronte a una pandemia globale possa essere utile avere regole comuni invece di arrancare ognuno per conto proprio come è successo con il Covid, ma no, meglio preservare la sacra autonomia di decidere da soli anche quando si tratta di virus che non rispettano i confini nazionali e che se ne fregano altamente delle nostre belle dichiarazioni di sovranità. Il bello è che Galeazzo Bignami, con la solennità di chi sta difendendo le Termopili, dichiara che "il governo Meloni ha nuovamente confermato che a guidare la nostra azione politica è l'interesse nazionale e degli italiani", come se l'interesse nazionale consistesse nel fare i capricci quando la comunità internazionale cerca di organizzarsi meglio per affrontare le crisi sanitarie, perché evidentemente la lezione del 2020 non è bastata e preferiamo continuare a credere che l'Italia da sola sappia gestire meglio una pandemia di quanto non riesca a fare coordinandosi con gli altri paesi, una posizione che ha tutta la logica di chi si rifiuta di comprare un'assicurazione sulla casa perché preferisce rischiare di pagare di tasca propria in caso di incendio. Gli Stati Uniti, naturalmente, hanno fatto la stessa scelta, sostenendo che le nuove regole conferiscono all'OMS "un potere eccessivo", il che suona divertente visto che stiamo parlando di un'organizzazione che durante il Covid ha fatto la figura del leone da circo, sempre a rincorrere gli eventi invece di anticiparli, ma evidentemente anche questo timido tentativo di darle qualche strumento in più per coordinare le risposte globali viene percepito come una minaccia alla libertà di sbagliare in autonomia. La deputata Ilenia Malavasi, dal canto suo, parla di "passo irresponsabile e pericoloso", definendo la scelta un "atto di chiusura miope e ideologica", e in effetti c'è qualcosa di tragicamente comico nel vedere l'Italia che si allinea a "posizioni negazioniste e populiste" proprio mentre continua a vantarsi della sua tradizione di cooperazione internazionale e di multilateralismo, una contraddizione che evidentemente non turba il sonno di chi ha deciso che è meglio fare i sovranisti quando fa comodo e gli europeisti quando conviene. Gli emendamenti, che introducevano il concetto di "emergenza pandemica" e miravano a una "maggiore solidarietà ed equità" nell'accesso a vaccini e farmaci, vengono respinti come se fossero un attentato alla civiltà occidentale, quando in realtà rappresentavano un tentativo piuttosto timido di imparare dagli errori della gestione Covid e di evitare che la prossima volta ci si trovi di nuovo a litigare su chi si accaparra per primo i vaccini mentre il virus fa il giro del mondo, ma evidentemente la lezione che ne abbiamo tratto è che è meglio preservare il diritto di ripetere gli stessi errori. L'ironia della situazione è che mentre ci preoccupiamo che l'OMS possa "esercitare un controllo sull'informazione in ambito sanitario", continuiamo ad assistere al proliferare di fake news e teorie del complotto che hanno reso ancora più difficile gestire la pandemia, ma chiaramente il problema non è la disinformazione, il problema è che qualcuno potrebbe provare a contrastarla in modo coordinato a livello internazionale, perché si sa che quando si tratta di salute pubblica è molto meglio che ognuno vada per la sua strada, magari seguendo i consigli del primo influencer di turno che ha letto un articolo su Facebook. E così eccoci qui, con l'Italia che si mette "fuori dal consesso internazionale" per il nobile scopo di preservare il diritto di fare peggio da soli, una scelta che ha tutta la grandezza strategica di chi decide di uscire dal gruppo di studio prima dell'esame perché non sopporta che qualcuno gli dica come prepararsi, salvo poi lamentarsi se i risultati non sono quelli sperati, ma del resto quando mai la coerenza è stata un requisito fondamentale per la politica italiana, che preferisce sempre la bella figura del momento alla pianificazione a lungo termine, e in questo caso la bella figura consiste nel fare i duri con l'OMS, come se si trattasse di un nemico da combattere invece che di uno strumento imperfetto ma necessario per coordinare le risposte sanitarie globali in un mondo sempre più interconnesso, dove i virus viaggiano più velocemente delle decisioni politiche e dove fare i sovranisti con le pandemie ha più o meno lo stesso senso di fare i nazionalisti con il cambiamento climatico o i localisti con l'inflazione.

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