LA FORTUNA DEL PORTA-SFIGA


Matteo Salvini, l’anomalia quantistica del circo politico italiano, l’uomo che sembrerebbe essere il porta-iella per eccellenza, ma che invece si è trasformato in una specie di Highlander della sfiga, immune a qualsiasi legge di causa ed effetto. Uno che ogni volta che apre bocca produce gaffe a raffica, alleanze che diventano tragedie da manuale, eppure resta sempre lì, galleggiante come un tappo di sughero nel mare in tempesta, protetto da un misterioso teflon cosmico che lo rende indistruttibile. È l’anti-Mia Martini della politica, la dimostrazione vivente che la sfortuna non solo è selettiva, ma anche un po’ sadica, perché mentre stritola anime pure e innocenti, con lui decide di funzionare al contrario: i suoi errori diventano punti a favore, le sue figuracce si trasformano in applausi, i suoi disastri in trionfi. Ha chiuso i porti ed è diventato più popolare, ha fatto campagna con una ruspa come fosse la reincarnazione di Bob il costruttore e la gente lo applaudiva come se fosse Paul McCartney, ha litigato con l’Europa, con l’Africa e probabilmente anche con gli alieni, e invece di finire nel dimenticatoio è ancora lì, con l’aureola da santo patrono del consenso. È il Fenix della politica, risorge da ogni maceria che lui stesso ha prodotto e lo fa con la faccia tosta di chi sa che il pubblico non vuole coerenza né competenza, ma spettacolo, meme e slogan facili. Ed è proprio lì che sta il trucco: mentre altri politici muoiono per un tweet sbagliato, lui trasforma ogni scivolone in tormentone, ogni processo in santificazione, ogni disastro in un nuovo inizio, come se avesse firmato un patto segreto non con il diavolo, ma con il marketing. Salvini non combatte la jella, la cavalca come un surfista ubriaco ma inspiegabilmente saldo sulla tavola, e in questo è geniale: non finge di essere infallibile, anzi, esibisce le sue goffaggini come medaglie e, in un’epoca in cui tutti gli altri sembrano falsi nella loro perfezione di plastica, lui appare autentico proprio nella sua imperfezione. Così, mentre la superstizione manda al tappeto la gente comune che si ferma davanti a un gatto nero o tocca ferro per non rischiare, lui attraversa la scena politica come un bulldozer benedetto, lasciando alle spalle rovine che però si trasformano in consensi e disastri che diventano leggende. È riuscito nell’impresa impossibile: fare della sfiga un brand vincente, della jella una strategia, della superstizione una campagna elettorale permanente. In breve, è la prova definitiva che nel mondo politico italiano le leggi della logica non valgono più: c’è solo Salvini, l’uomo che ha trasformato il porta-sfiga in porta-fortuna, e lo ha fatto con la disinvoltura di chi ha capito che, alla fine, l’unica cosa che conta è restare sempre, maledettamente, al centro dello spettacolo.

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