PICCOLI UOMINI
“Mia Moglie”, quell’altare che vorrebbe incarnare la civiltà maschile contemporanea, è in realtà il ritrovo digitale di una confraternita di sconfitti che si credono cavalieri. Si presentano come custodi della virilità, ma l’unica cosa che difendono con ardore è il loro fragile ego, protetto da tastiere unte di patatine e avatar anonimi. Non brandiscono spade, ma scuse miserabili: ogni volta che una donna racconta le nefandezze del proprio compagno, loro partono all’attacco con lo stesso copione sempre uguale e sempre più patetico: “Te lo sei inventata”, “Esageri”, “Gli uomini sono fatti così”. E quando il repertorio si esaurisce, ecco spuntare i colpi più vili: body shaming, battute sul fisico, insinuazioni sulla stabilità mentale, accuse di promiscuità, il tutto condito da quel sessismo rancido che sa di cibo scaduto. La vera ironia è che, mentre recitano la parte dei Don Chisciotte del machismo, non si rendono conto che altrove potrebbero già essere i protagonisti ridicolizzati di chat femminili, cataloghi implacabili delle loro miserie quotidiane. Immaginiamoli al centro di un hashtag “Mio Marito”, raccontati dalle loro compagne tra risate e disprezzo: prestazioni sessuali ridicole, ossessioni calcistiche infantili, rituali d’igiene personale imbarazzanti, crisi di mezza età ridotte a farsa, tentativi patetici di rimorchiare la cassiera del supermercato. E soprattutto, i loro gusti sessuali “woke” coltivati nella solitudine squallida di una cameretta, dove sperimentano fantasie che non racconterebbero mai, salvo poi proclamarsi orgogliosamente etero, virili e suprematisti bianchi, capisc’ammé. Quanto tempo ci metterebbero a gridare allo scandalo, alla violazione della privacy, al tradimento della fiducia coniugale? Meno di quanto serve loro per sputare un commento sessista sotto la foto di una sconosciuta. Perché questa è la loro essenza: una mascherata digitale fatta di testosterone di cartapesta e arroganza da quattro soldi, dietro cui si nascondono insicurezze, frustrazioni e un disperato bisogno di branco. Si atteggiano a dominatori, ma nella vita reale arrancano davanti al fruttivendolo sotto casa; si credono esperti di psicologia femminile, ma il loro sapere si limita a forum rancorosi e video di bassa lega; dispensano consigli matrimoniali pur essendo single dai tempi in cui Obama era presidente. Così, in questo eterno cabaret dell’assurdo, continuano a recitare la parte dei conquistatori online, mentre ogni parola scritta diventa un mattone in più per costruire il monumento alla loro irrilevanza esistenziale.
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