PONZIO PILATO
Ohhh, ecco servita la solita minestra retorica, quella perla di saggezza geopolitica che suona pressappoco così: "nemmeno i Paesi arabi hanno a cuore la causa palestinese", e subito dopo si sente il rumore sordo di mani che si sfregano soddisfatte, come se si fosse appena trovata la chiave per risolvere ogni questione morale del Medio Oriente con un colpo di spugna. È una di quelle frasi che si spaccia per analisi lucida ma che in realtà è solo l'ennesimo trucchetto per scappare dalle proprie responsabilità. È il gesto tipico di chi, come un moderno Ponzio Pilato, mette le mani nell’acqua tiepida della retorica e si convince di aver lavato via la colpa.
Come se la sofferenza umana fosse una questione di marketing e se non c'è abbastanza domanda dal pubblico di riferimento, allora tanto vale chiudere baracca e burattini. Questa logica perversa trasforma la giustizia in una gara di popolarità, dove se i vicini di casa non protestano abbastanza forte per le botte che prende il loro parente, allora evidentemente le botte non fanno poi così male e possiamo tutti tornarcene a casa con la coscienza pulita. È il cinismo mascherato da realismo, la codardia travestita da pragmatismo, l'indifferenza che si fa bella con i panni della razionalità geopolitica. E intanto, i nuovi Pilati del nostro tempo si compiacciono della loro presunta neutralità.
Perché è molto più comodo convincersi che se l'Arabia Saudita preferisce fare affari con Israele piuttosto che muovere guerra per Gaza, allora vuol dire che la questione palestinese è sopravvalutata, che forse non è poi così grave, che magari ci stiamo tutti facendo dei film. Come se i rapporti di forza, gli interessi economici, le alleanze strategiche, le pressioni internazionali fossero dettagli trascurabili nell'equazione. E qui il gesto si ripete: come Pilato, si indica un capro espiatorio — i governi arabi pragmatici o corrotti — e intanto si immergono di nuovo le mani nell’acqua, come se bastasse quel rituale per liberarsi dal sangue che macchia la coscienza.
È una semplificazione così grossolana che fa quasi tenerezza, se non fosse che dietro questa apparente ingenuità si nasconde una furbizia maligna, quella di chi sa benissimo che sta manipolando i fatti ma lo fa con l'aria di chi sta solo constatando l'ovvio. Perché è chiaro che quando l'Egitto chiude i tunnel verso Gaza o quando la Giordania non apre le frontiere ai rifugiati, lo fa per calcoli che hanno ben poco a che vedere con i sentimenti di solidarietà panaraba e molto a che vedere con la stabilità interna, la pressione americana, gli equilibri regionali, la paura che un flusso di disperati possa destabilizzare regimi già traballanti. Ma no, è molto più semplice ridurre tutto a "vedi, nemmeno loro se ne curano", ed ecco che il bacile di Pilato viene riempito ancora una volta, pronto a ricevere mani ansiose di discolpa.
E così l'Occidente, che ha contribuito a creare e mantenere questa situazione con decenni di politiche discutibili, si lava le mani con l’acqua sporca della responsabilità altrui. Un gesto antico e sempre nuovo: scaricare il peso morale su altri, come se l’inerzia propria fosse un atto di innocenza. È la versione geopolitica del "ma anche lui lo fa", la giustificazione dell'adolescente colto in fallo che invece di assumersi le proprie responsabilità cerca di trascinare tutti nel fango. Ma a differenza dei ragazzi, qui non si tratta di una marachella: si tratta di vite spezzate, di città rase al suolo, di interi popoli condannati a vivere nell’ombra. Eppure, ancora una volta, l’acqua scorre nel bacile.
Perché è questo che fa davvero schifo di questa argomentazione: non è solo che sia falsa o superficiale, è che è profondamente disonesta, è che trasforma una tragedia umana in un gioco di scaricabarile internazionale, è che riduce la questione della giustizia a una questione di convenienza politica. È il trionfo del relativismo morale mascherato da saggezza strategica, è l'indifferenza che si fa paladina del buon senso, è la vigliaccheria che si traveste da realismo. Pilato avrebbe applaudito: l’arte di non scegliere, di guardare altrove, di credere che il semplice lavarsi le mani basti a redimere.
E così, mentre ci si crogiola in questa presunta superiorità analitica, mentre ci si congratula per aver smascherato l'ipocrisia del mondo arabo, si perde di vista il punto fondamentale: che la sofferenza non ha nazionalità, che l'ingiustizia non ha confini, che la responsabilità morale non si misura a termometro dell'interesse altrui. Ma è evidentemente troppo difficile da capire per i nuovi Ponzio Pilato della geopolitica, che preferiscono la comodità della retorica alla scomodità della coscienza.
👍 Molto molto esaustiva! Ricca di particolari ed esempi che rendono il messaggio semplice, fluido e soprattutto condivisibile. Bellissimo pensiero. Io lo invierei a Mentana!
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