ROTTE DI ROTTURA
E così, con la consueta finta gravità da palazzo, il Governo ha deciso che i naufraghi raccolti a due bracciate dalla Sicilia debbano sbarcare… a Genova. Genova! È come dire a uno che ha l’auto in panne sotto casa che il carro attrezzi lo porta a ripararla in Lapponia. Perché tanto il cittadino medio, se venisse dirottato a migliaia di chilometri per un banale soccorso stradale, avrebbe tutto il diritto di urlare al ridicolo e invocare il buonsenso. Ma per i migranti, invece, vale il contrario: più lontano è, meglio è.
Un ordine che non ha niente di logistico, sanitario o razionale: è puro sadismo politico, travestito da norma. È il tentativo di punire chi salva vite, di trasformare la compassione in reato e il soccorso in infrazione. E Mediterranea ha risposto con l’unico linguaggio che resta: non le urla, non le armi, ma la rotta. Ha scelto di sbarcare dove indicano la logica, la legge del mare e – se ancora esistesse – il senso comune: vicino, subito, senza teatrini.
Il Governo, invece, si aggrappa a decreti e circolari come se le persone in mare fossero pacchi Amazon da spedire a piacere. Solo che i naufraghi non hanno codice a barre, ma carne, ossa, paura e ricordi che bruciano. Chi li salva non è un criminale, ma un testimone scomodo: perché ogni vita strappata all’acqua è una prova vivente contro l’indifferenza istituzionale.
E allora viva la disobbedienza, se l’obbedienza significa complicità con l’assurdo. Viva la rotta deviata, se quella imposta è un insulto alla decenza. Perché in questo Paese, dove la legalità viene brandita come randello per colpire chi osa avere un cuore, Mediterranea diventa una lezione di civiltà. Caustica, certo, come sale versato su ferite che nessuno vuole guardare, ma indispensabile.
E qui arriva il gran finale, il capolavoro dell’ipocrisia. Un Governo che si autoproclama paladino dei valori cristiani, guidato da una Presidente che si presenta come Madre e Cristiana, salvo poi ordinare respingimenti e peregrinazioni da migliaia di chilometri a persone che cercano solo di non morire. A quanto pare, l’essere cristiani si riduce all’ostentazione di crocifissi, non certo al rispetto di quel dettaglio minore che era il messaggio di Cristo. Essere madri significa difendere i propri figli, mentre quelli degli altri possono tranquillamente sparire in fondo al mare.
E così, il Vangelo diventa un santino elettorale, la carità cristiana un esercizio di cinismo, e la politica un palcoscenico dove si recita la parte dei giusti mentre si interpreta l’opposto. Una commedia amara, con tanto di pubblico costretto ad assistere al grottesco spettacolo dell’umanità ridotta a pratica di cancelleria.
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