DEFINISCI UMANO


"È sempre Cartabianca" somiglia sempre di più a un teatro dell’orrore. Non un luogo dove si informano i cittadini, ma uno spazio dove la sofferenza viene triturata e offerta come intrattenimento.

Eyal Mizrahi siede in studio. Non è un analista politico, non è un diplomatico, non è un giurista. È un veterinario israeliano, laureato a Milano, passato al marketing, oggi presidente degli “Amici di Israele”. Un profilo che non parla di guerra ma di animali domestici e pubblicità. Eppure, in prima serata, diventa “l’esperto” chiamato a spiegare Gaza.

Il momento cruciale arriva quando si cita la carneficina dei bambini. Migliaia di morti, decine di migliaia di mutilati. Mizrahi sorride, si gira verso Enzo Iacchetti e pronuncia una frase che congela lo studio: “Definisci bambino”. Come se stessimo discutendo di categorie zoologiche. Non più piccoli esseri umani cancellati dalle bombe, ma un concetto da manipolare.

Il copione è quello già visto: ogni colpa è di Hamas, tutto nasce dal 2023, il resto sparisce. I settantamila morti non sono numeri che gridano vendetta, ma dettagli che si dissolvono. I bambini non sono più vittime: diventano sospetti, strumenti di propaganda.

E allora accade l’incredibile. Non è un politico, non è un giurista a ribellarsi. È un comico: Enzo Iacchetti. Uno che ha costruito la sua carriera sul sorriso e che ora si trova a difendere la parola “bambino” da chi la relativizza. Accanto a lui, tra gli ospiti, Maurizio Corona: scrittore, sì, ma di montagne e alpinismo. Persone rispettabili, certo, ma totalmente fuori luogo.

È questo il progetto Mediaset: trasformare un genocidio in una pièce televisiva. Far discutere un veterinario, un comico e uno scrittore di alpinismo di un conflitto che sta devastando il Medio Oriente. E mentre il New York Times decide di censurare nei suoi memo interni parole come “genocidio” e “pulizia etnica”, in Italia si gioca con i significati di “bambino”.

Alla fine, la sensazione è netta: la verità non serve. È troppo scomoda, troppo costosa. Quello che resta è la pantomima. La guerra ridotta a varietà. E un pubblico che applaude, convinto di aver assistito a un dibattito.

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