PRIORITÀ


C'è qualcosa di profondamente inquietante nell'osservare come la giustizia possa trasformarsi in spettacolo quando l'odio politico prende il sopravvento sulla ragione. Il caso di Ilaria Salis ci offre uno specchio in cui guardare i fondamenti stessi su cui dovrebbe poggiare una società democratica: la giustizia inizia sempre dal garantire all'imputato tutti i suoi diritti, indipendentemente dalle simpatie o antipatie che la sua persona possa suscitare. Questo principio, che potrebbe sembrare ovvio, non è affatto scontato in contesti dove le istituzioni stesse sono oggetto di scrutinio internazionale, come nell'Ungheria di Orbán, paese dove l'Unione Europea ha ripetutamente espresso preoccupazioni per lo stato di diritto. In questo quadro, l'immunità parlamentare concessa a Salis non può essere liquidata come una "furbata politica": prima di tutto si tratta di un atto di giustizia dovuto a qualunque persona si trovi nelle stesse circostanze, un riconoscimento del fatto che certi diritti fondamentali non possono essere subordinati al clima politico del momento. Solo in un secondo tempo, eventualmente, qualcuno potrà interpretare questo gesto come una mossa strategica, ma la sequenza non deve mai essere invertita, perché quando accade il contrario la giustizia si trasforma inevitabilmente in teatro di pessima qualità. È proprio questa inversione di priorità che rappresenta uno dei pericoli maggiori per le democrazie contemporanee: quando i principi giuridici vengono subordinati alle convenienze politiche, si apre la strada a derive autoritarie. L'aberrazione dell'odio politico consiste nel tentativo di giustificare decisioni giudiziarie sulla base di convinzioni ideologiche piuttosto che di prove concrete, un meccanismo che opera in modo bidirezionale spingendo tanto a condannare chi è politicamente sgradito quanto a scagionare chi è politicamente vicino. L'immunità europea nel caso Salis rappresenta un meccanismo di tutela che va oltre le simpatie personali: è un riconoscimento che certe garanzie processuali sono indispensabili indipendentemente dal contesto politico, non per proteggere una persona specifica ma per proteggere il diritto di qualunque cittadino a un processo equo. Quando invertiamo questa sequenza logica, quando partiamo dalla valutazione politica per arrivare a quella giuridica, trasformiamo la giustizia in spettacolo privo di credibilità, alimentando un paradosso per cui chi proclama di difendere i valori democratici finisce per adottare gli stessi metodi autoritari che critica. La lezione va ben oltre le specificità del caso: ci ricorda che la difesa della democrazia passa attraverso il rispetto rigoroso delle procedure, anche quando questo può sembrare favorire chi non lo merita, perché quando la giustizia diventa teatro, quando i diritti diventano privilegi da concedere a seconda delle simpatie politiche, allora non stiamo più parlando di democrazia ma dell'arbitrio che si traveste da giustizia.

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