UN AMERICANO A PONTIDA

Pontida 2025, altro che raduno politico: sembrava la convention di una multinazionale in franchising, con la differenza che al posto dei gadget aziendali distribuivano rosari e bandiere israeliane. La vecchia Lega, quella rozza e cattiva che urlava “Roma ladrona” con la canotta verde e la birra in mano, almeno un senso ce l’aveva: c’era la fabbrica, c’era il Nord che lavorava e bestemmiava contro il Sud che non lavorava, c’era persino un folklore di ampolle, ruspe e insulti gratuiti. Ora invece che c’è? C’è Salvini, che un tempo si travestiva da felpa e oggi si traveste da leader, ma con lo stesso risultato: sembrare un attore che ha perso le battute e va a braccio sperando che il pubblico rida.

Il pezzo forte è stato il generale Vannacci: uno che, per dare un senso alla giornata, ha deciso di citare un tizio americano morto. Roba che neanche nei peggiori karaoke politici di provincia. E in quel momento la Lega è ufficialmente passata da “Padania libera” a “Padania a stelle e strisce”. Non più il Po come sacro fiume, ma il Mississippi. Non più “Roma ladrona”, ma “Washington padrona”. E le bandiere israeliane, sventolate a caso, sembravano più un indizio che un simbolo: tipo il biglietto da visita che lasci quando vuoi entrare nel club esclusivo della destra mondiale.

Sul palco, per non farsi mancare niente, ecco Jordan Bardella: il Macron dei poveri, bello come un manichino di Zara e vuoto come un sacchetto di plastica. Era lì per dire che la Lega non è più un partito territoriale, ma un coworking internazionale della destra globale, con sede legale in Mar-a-Lago e uffici periferici in Veneto e Lombardia. Nel frattempo Salvini faceva quello che gli riesce meglio: promettere tutto a tutti. Agli autonomisti dice che la Lega è ancora federalista, ai sovranisti che siamo diventati trumpisti, al Sud che “ora siete tutti italiani”, agli elettori che “l’Italia viene prima di tutto” e al suo specchio che “non sono ingrassato, è solo la camicia che stringe”.

Intorno a lui, i governatori del Nord sembravano partecipare a un reality show intitolato Sopravvivere a Vannacci: Zaia che insiste con l’autonomia come un disco rotto, Fontana che guarda il generale come un invitato molesto al matrimonio, Romeo che sventola la Carta della Lombardia come fosse la Sindone. Tutto inutile: il brand Lega è stato venduto, rilevato e rilanciato. Non è più un partito, è un McDonald’s della protesta: stesso logo, stessi colori, ma il panino dentro te lo decidono a Washington.

E il problema è che questo non è solo il funerale della Lega, che non mancherà a nessuno se non ai fabbricanti di felpe verdi, ma il funerale dell’autenticità. Perché se persino il partito più territorialista, rozzo e identitario d’Italia ha rinunciato a essere se stesso per scimmiottare gli americani e i francesi, allora siamo fritti. Pontida non è stato un raduno, ma una televendita: “Prendi tre slogan, paghi uno”, con Salvini a fare il Vanna Marchi della politica, Vannacci come testimonial militare e Bardella come volto giovane per la fascia prime time.

Pontida 2025 non ha fatto la storia: ha fatto lo spot. E come tutti gli spot, ha lasciato negli spettatori la stessa sensazione di quando compri il detersivo miracoloso che promette di togliere tutte le macchie e scopri che non funziona nemmeno sulla tovaglia. Solo che qui la macchia è l’Italia, e il problema è che non viene più via.

Commenti

  1. È stata una cosa abominevole guardare in TV le immagini delle scene di tal raduno, per non parlare degli slogan di Salvini. In ogni caso non esiste alcun detersivo che toglie le macchie di cacca. C'è solo il sole che le toglie ☀️, ma che quelli destinati all'inferno, come Salvini e company, non vedranno mai!

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