GENERALE DI DIVISIONE
La Toscana ha votato, e il responso è di quelli che lasciano il segno: un ceffone sonoro, preciso, senza nemmeno la grazia del preavviso. A chi pensava di poter conquistare la culla del Rinascimento con la solita zuppa di slogan patriottici e selfie tra i cipressi, i toscani hanno risposto con la tipica ironia delle terre intelligenti: “grazie, ma restiamo sobri”. Eugenio Giani, l’eterno sopravvissuto del centrosinistra, si è portato a casa un comodo 54-55%, come se stesse vincendo una gita scolastica più che un’elezione regionale. Dall’altra parte, Alessandro Tomasi, il candidato del centrodestra, è rimasto impantanato al 40%, circondato da alleati che, più che sostenerlo, sembravano remargli contro. Già, perché quella che doveva essere una coalizione, in Toscana si è rivelata una compagnia di ventura senza condottiero: Fratelli d’Italia che cerca di fare la parte del partito serio, Forza Italia che si riscopre viva giusto in tempo per ricordare a tutti di esistere, e la Lega che – per non smentirsi – decide di autodistruggersi in diretta. Ed è proprio qui che la storia si fa grottesca. Il tonfo della Lega non è un semplice passo falso: è un naufragio senza scialuppa. Dal 21,8% del 2020 al 4,6% di oggi, il partito di Salvini passa in cinque anni da forza trainante a zavorra. Un crollo che fa storia e che porta una firma precisa: quella del generale Roberto Vannacci. Doveva essere l’arma segreta, il commissario d’acciaio mandato in Toscana a “liberare” la regione dal rosso comunista. È finito per liberarla dalla Lega. Invece di attrarre voti, li ha dispersi come un esercito allo sbando, tra frasi sessiste, sparate omofobe e perle di saggezza da caserma in libera uscita. Risultato? Il “condottiero del politicamente scorretto” ha fatto tremare solo i suoi, trascinando il partito nel baratro e regalando ai social settimane di meme. “Grazie generale, hai portato la Lega sotto il M5S!”, scrivono in rete. Un ringraziamento ironico, ma meritato. E come se non bastasse la disfatta, la beffa arriva da sinistra: Antonella Bundu, con la sua “Toscana Rossa”, sfiora il 4,7% e supera la Lega. Una sinistra vera, popolare, radicale, fatta di bandiere antifasciste e parole ormai proibite come “salario minimo” e “diritti sociali”. Pochi voti, ma autentici. E soprattutto, simbolici: la Toscana che lavora, studia e pensa ha scelto lei, non il generale da talk show. Intanto, Fratelli d’Italia tiene la posizione con un dignitoso 26-27%, ma la baracca del centrodestra scricchiola. Tomasi ha provato a smarcarsi dal disastro leghista, ma con un alleato che ti spara sui piedi ogni tre comizi, anche il passo più corto diventa una maratona. Giani, dal canto suo, ride sotto i baffi: il suo “campo largo” – Pd, Verdi, M5S, e persino i renziani di Italia Viva con un inaspettato 8-9% – ha funzionato. Non per entusiasmo, ma per mancanza d’alternative. Perché il vero vincitore di queste elezioni non è lui, né tantomeno Tomasi: è l’astensionismo. L’affluenza al 47,7%, con punte da brivido come il 19% all’Elba e meno del 40% a Firenze, racconta la storia di una Toscana stanca, disillusa, che vota solo per evitare guai peggiori. È la vittoria della rassegnazione, non della passione. La Bundu incarna la scintilla della sinistra che ancora sogna, ma il suo 4,5% rischia di restare un fuoco fatuo se non si tradurrà in progetto. La Lega, invece, si conferma l’emblema di un sovranismo ridotto a caricatura di se stesso. Salvini dovrebbe guardarsi allo specchio e chiedersi cosa resta del “Capitano” di Pontida: forse solo un uomo circondato da rovine e da generali che perdono battaglie prima ancora di combatterle. Perché, diciamolo chiaramente: il generale Vannacci è un Generale di Divisione. E come i voti che ha ottenuto, anche la sua divisione è perfetta — nel senso che divide, ma non moltiplica.
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