IL TUTTO NEL NIENTE
Il sasso non chiede, semplicemente cade, e l'acqua non risponde, semplicemente accoglie, e tra questa domanda mai posta e questa risposta mai data nasce il mondo intero, nasce tutto quello che vediamo e che crediamo separato. Il re sogna imperi mentre dorme, il mendicante sogna solo un pezzo di pane, ma nel sonno sono la stessa cosa, entrambi stringono il vuoto tra le dita, ed è strano perché al risveglio il re scopre che lo scettro pesa quanto una catena, forse anche di più, mentre il mendicante scopre che le sue mani vuote sono già libere, non devono conquistare nessuna libertà perché ce l'hanno da sempre. La foglia si stacca dall'albero quando è pronta, non c'è dramma, non c'è addio né nostalgia, il fuoco la bacia e lei diventa luce, calore, cenere che vola via, e quella cenere diventa radice, la radice si fa germoglio, e il germoglio non ricorda di essere stata foglia eppure la foglia è ancora lì, nascosta nel verde nuovo, perché niente si perde davvero, tutto si dimentica solo di avere un nome. Il bene e il male si cercano come amanti antichi che non riescono a stare né insieme né separati, uno non può esistere senza l'ombra dell'altro, la gioia porta nel grembo il dolore che verrà e il dolore custodisce il seme di una gioia che non sa ancora nominarsi, non sono opposti ma la stessa voce che cambia tono, lo stesso respiro che si allunga e si accorcia. L'uguaglianza non si proclama, non si grida nelle piazze, si riconosce in silenzio, come quando riconosci il tuo volto in uno specchio d'acqua prima che il vento lo increspi, il re e il mendicante bevono dalla stessa sorgente anche se uno usa coppe d'oro e l'altro le mani nude, ma l'acqua non fa differenza, non sa nulla di troni o di stracci, scorre uguale per tutti. La nuvola diventa drago, poi cavallo, poi si dissolve nel niente, ma quel niente è pieno, trabocca di possibilità, il vuoto non è assenza ma è lo spazio dove tutto può ancora accadere, dove tutto aspetta di prendere forma. Alla fine torno al fiume e il sasso è ancora lì, o forse è già diventato sabbia, non lo so, l'acqua scorre o forse è ferma e sono io che mi muovo, non lo so più, e in quel non sapere finalmente riconosco tutto, riconosco che io sono il fiume che guarda se stesso scorrere, sono il sasso che si lascia andare, sono la mano che scrive e la pagina che accoglie, e quando la scrittura finisce resto lì, non come firma ma come silenzio che contiene tutte le parole non ancora dette, tutte quelle che aspettano ancora di nascere.
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