J & B
Nel grande circo italiano, dove un ottantenne con la cravatta di seta può svegliarsi una mattina e decidere che Jannik Sinner — il ragazzo che ha appena portato due volte l'Italia sul tetto del mondo in Coppa Davis — non è abbastastanza italiano perché parla tedesco, vive a Montecarlo e, udite udite, non ha voglia di fare un'altra settimana di straordinari non pagati a Bologna.
Bruno Vespa, il re del salotto Rai, quello che prende un milione e mezzo l'anno per far parlare i politici come se fossero oracoli, si è messo in testa di fare la morale a un ventiquattrenne che si alza alle sei per allenarsi mentre lui probabilmente sta ancora scegliendo il nodo della cravatta.
E lo fa su X, naturalmente, perché dove altro un uomo del Novecento può fingersi moderno se non tra i meme e le faccine arrabbiate?
Dice che Sinner si rifiuta di giocare per la nazionale, dimenticando che il ragazzo ha fatto 19 partite in Davis — più di Alcaraz con la Spagna — e che ha vinto le ultime due edizioni da protagonista assoluto, mentre Vespa probabilmente confonde la Coppa Davis con la Coppa del Nonno.
Poi tira fuori Montecarlo, come se risiedere in un posto dove non ti rubano metà dello stipendio fosse un tradimento alla patria, lui che abita in un attico romano pagato coi nostri abbonamenti Rai e che non ha mai dovuto scegliere tra un allenatore a Miami e un commercialista a Bolzano.
E il colpo di genio: Sinner avrebbe "rifiutato" di incontrare Mattarella. Peccato che Jannik ci sia andato al Quirinale, con la coppa in mano, sorridente, mentre Vespa forse era impegnato a intervistare un sottosegretario su quanto costa il pane.
Ma la ciliegina è quando paragona Sinner ad Alcaraz, chiamandolo per sbaglio "Alvarez" e poi correggendosi con la grazia di un elefante in cristalleria — come se il refuso fosse l'unico errore in un discorso che puzza di naftalina e risentimento.
Risentimento e pregiudizio, per la precisione. Quella miscela tossica tipicamente italiana dove il successo altrui diventa un torto personale, e chi vince troppo in fretta deve pagare un pedaggio morale. Dove conta più da dove vieni che dove arrivi, più come parli che cosa ottieni.
Perché in fondo è questo: risentimento verso chi ha passato una vita a fare domande facili a gente potente e ora vede un ragazzo di San Candido, con la faccia da bravo figlio e il dritto che spacca il campo, diventare il simbolo di un'Italia che vince senza bisogno di passare da Porta a Porta.
E mentre lui twitta indignato, Sinner è probabilmente a letto alle dieci, con le cuffie e un frullato proteico, a pensare al prossimo dritto vincente, senza sapere che in Italia c'è ancora chi misura l'italianità col metro della residenza fiscale e della disponibilità a fare public relations gratuite.
Un ragazzo che non gli ha concesso un'intervista, che non ha bisogno dei suoi riflettori, che preferisce allenarsi piuttosto che sedersi su quel divano dove si sono accomodati corrotti, mezze figure e ministri in cerca di redenzione.
Ma tranquilli: tra qualche giorno Vespa troverà un altro scandalo. Magari un attore che non saluta la bandiera o un cantante che non paga le tasse in euro.
E noi continueremo a guardare Sinner vincere Slam, parlando tedesco con la mamma, italiano con i giornalisti e inglese con il mondo, mentre il nostro moralista in giacca e cravatta tornerà a intervistare l'ennesimo politico che ha promesso tutto e mantenuto niente.
E alla fine, chi è il vero italiano?
Quello che vince per il suo Paese e poi torna a casa sua, o quello che vive di riflettori altrui e pretende di insegnare la patria a chi la rappresenta meglio di lui?
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