RUTH E NOEMI


L’immagine di Ruth e Noemi, strettamente abbracciate mentre Orpa si allontana, racchiude una delle più potenti rappresentazioni della fedeltà biblica e insieme della fedeltà divina. La scena, pur nella sua semplicità, diventa un simbolo che supera il tempo e lo spazio: due donne sole, private dei mariti e delle sicurezze, si trovano davanti a un bivio che non è soltanto geografico ma spirituale. Orpa rappresenta la via del ritorno, quella scelta che appare naturale, comprensibile, quasi inevitabile: rifarsi una vita, tornare alle proprie radici, non caricarsi del peso dell’altro. Non c’è condanna in questo gesto, anzi, vi è la rappresentazione della fragilità umana, di chi di fronte alla perdita non trova la forza di restare e si affida a un nuovo inizio. Ruth invece compie l’atto opposto: sceglie di rimanere, di legarsi, di rendere il destino di Noemi il proprio destino. Non si tratta solo di un affetto umano ma di un’alleanza che trascende il vincolo familiare, perché nel dire “il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio” Ruth trasforma la fedeltà personale in fedeltà sacra. Qui il gesto umano si fa riflesso del divino, e l’abbraccio diventa icona di quell’amore che non abbandona, che rimane accanto anche quando non c’è nulla da guadagnare, quando tutto appare perso. In questo senso Ruth incarna l’immagine stessa di Dio che si lega al suo popolo e non lo lascia solo nel tempo della prova. L’orizzonte vuoto e il mare silenzioso che fanno da sfondo alla scena sembrano evocare il mistero stesso della fede: un cammino che può apparire arido, privo di garanzie, ma che viene illuminato dalla presenza di una fedeltà che non tradisce. La differenza fra Ruth e Orpa, dunque, non è quella tra bene e male, tra giusto e sbagliato, ma quella tra l’uomo che si ferma davanti al limite e l’uomo che, pur fragile, accoglie la sfida di andare oltre, di affidarsi, di scommettere su un amore che diventa promessa. L’immagine scolpita da Doré diventa allora una meditazione silenziosa su Dio stesso: un Dio che non è nel fragore dei gesti grandiosi, ma nella fedeltà discreta e ostinata, nel restare accanto, nel condividere fino in fondo il destino dell’altro.

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