DIO? STA SUL POLO NORD


Molti mistici e filosofi, ben prima che nascesse l'analisi complessa, hanno descritto Dio con immagini che oggi suonano sorprendentemente vicine alla sfera di Riemann. "Dio è una sfera infinita, il cui centro è ovunque e la cui circonferenza non è in alcun luogo", si legge in una celebre formula medioevale ripresa dalla tradizione neoplatonica e cristiana, e bisogna ammettere che per gente che non aveva la minima idea di cosa fosse un numero complesso ci sono andati dannatamente vicini. L'idea è che Dio non sia un ente tra gli altri, collocato da qualche parte come un mobile dell'IKEA, ma una presenza che avvolge e penetra ogni punto della realtà senza avere un "fuori" e un "bordo", proprio come la compattezza della sfera di Riemann avvolge il piano complesso e lo chiude aggiungendo un solo punto all'infinito, e se questo vi sembra un trucco da prestigiatore matematico aspettate di sentire il resto. Nella sfera di Riemann, tutti i numeri complessi stanno distesi sul piano, tranquilli, ma a un certo punto il linguaggio ordinario non basta più. Per dare un posto anche all'infinito si deve compiere un salto di rappresentazione, curvare il piano in una sfera e aggiungere un punto speciale, il polo nord, che raccoglie in sé tutte le direzioni dell'andare "oltre", come se l'infinito fosse una specie di discarica dove buttare tutto ciò che non entra nelle caselle normali. Qualcosa di analogo avviene nel pensiero religioso quando si parla di Dio come infinito in senso proprio, non un infinito "più grande" degli altri, tipo un numero con più zeri, ma una realtà che eccede e insieme fonda tutte le grandezze finite, un orizzonte che nessuna misura può esaurire e che per questo viene spesso descritto con il linguaggio dell'infinito attuale, ammesso che qualcuno capisca davvero cosa significhi. La funzione 1/z, che sul piano fa esplodere i valori vicino a zero come un computer che va in tilt e che sulla sfera mette in corrispondenza diretta zero e infinito, offre allora un'immagine potente. Ciò che in un sistema appare come "punto problematico", una singolarità in cui i conti non tornano [1/0, quella roba che fa impazzire le calcolatrici], in un sistema più ampio trova un posto preciso, come lo zero che viene mandato al polo nord, e pace. In chiave simbolica, si potrebbe leggere in questo passaggio una metafora del modo in cui l'idea di Dio funziona per molte tradizioni, non come una toppa per ciò che non capiamo, anche se ammettiamolo è spesso usata proprio così, ma come il "punto oltre" rispetto al quale l'intero mondo finito acquista coerenza, così come il punto all'infinito rende armonica e chiusa la geometria del piano complesso esteso, e va bene che è elegante ma resta comunque un espediente. Naturalmente la teologia mette in guardia dal confondere il modello con il Mistero, ci mancherebbe altro. Nessuna costruzione matematica può "catturare" Dio, sarebbe come pretendere di mettere l'oceano in una bottiglia, ma il legame profondo tra infinito matematico e infinito divino è stato spesso usato per pensare Dio come realtà che supera ogni limite, un po' come la sfera di Riemann supera i limiti del piano senza negarlo, ma includendolo e trasfigurandolo in una forma più ampia e unitaria, che poi è un modo sofisticato per dire che quando non sai più dove mettere le cose le arrotoli in una sfera e dici che è tutto sotto controllo.

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