IL COLORE DELLA GIUSTIZIA
È incredibile come nel dibattito politico italiano si continui a ripetere, con aria grave e tono da teoria del complotto, che l’8% della magistratura [quello che fa riferimento a Magistratura Democratica] detterebbe legge a tutto il resto del corpo giudiziario. Otto per cento. Se fosse vero, significherebbe che i restanti novantadue per cento di magistrati sono pecore senza spina dorsale, disposti a farsi comandare da una minoranza “rossa” con poteri da setta esoterica. Ma la verità, come quasi sempre accade, è molto più prosaica e infinitamente meno utile alla propaganda. La stragrande maggioranza dei magistrati non appartiene a nessuna corrente, e tra quelli che lo sono iscritti, le aree moderate e centriste [Unicost, Area... e il presidente della ANM è di area conservatrice, come lo era Palamara] contano più iscritti di Magistratura Democratica. Quindi l’idea che questa frazione di toghe “ideologizzate” controlli tutto il sistema è semplicemente ridicola. O, se si vuole prenderla per buona, implica che tutti gli altri siano incapaci, inerti o collusi, il che dipinge un quadro ancora più deprimente. Ma la spiegazione più banale è anche quella che nessuno vuole sentire...forse le sentenze contestate non nascono da un complotto politico, ma da qualcosa di molto più semplice... l’applicazione delle leggi e della Costituzione. Quando un giudice ferma un decreto o sospende un provvedimento, non lo fa perché simpatizza per l’opposizione, ma perché trova che quel testo violi qualche norma superiore. E guarda caso, spesso non è solo MD a pensarla così, ma anche magistrati di Unicost o di Area. Sarà mica che certe leggi sono scritte male, in fretta, più per fare un titolo sul giornale che per durare in tribunale? Dire questo, però, obbligherebbe la politica ad assumersi le proprie responsabilità, e dunque è molto più comodo agitare lo spauracchio del “giudice politico”. Così si costruisce la narrazione dell’8% onnipotente, perfetta dal punto di vista comunicativo...semplice, emotiva, e soprattutto utile per spostare l’attenzione. Invece di discutere di riforme serie, si incolpa un minuscolo gruppo di magistrati per tutti i mali della giustizia. È il capro espiatorio ideale. Concreto abbastanza da essere odiato, astratto abbastanza da non poter rispondere. La realtà è che la magistratura italiana ha mille problemi veri [lentezza, burocrazia, nomine politicizzate, scarso coordinamento] ma nessuno di questi ha a che fare con un’inesistente dittatura togata. Eppure, il mito dell’8% resiste, perché dire che una legge è incostituzionale richiede di ammettere che sia stata scritta male, e questo non fa mai buona figura. Molto meglio urlare al complotto delle toghe, indicare i giudici come nemici del popolo, e intanto continuare a produrre norme pasticciate, confuse e inattaccabili solo nella fantasia propagandistica di chi le scrive. Così il Paese resta fermo, la giustizia affoga, e l’unica cosa che si muove è la retorica, sempre più sfacciata, sempre meno credibile.
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