LIBERTÀ E OBBEDIENZA
Maria è libera non perché obbedisce, ma obbedisce perché è libera. Questa distinzione, tutt’altro che nominale, tocca uno dei nuclei più alti della teologia cristiana. Il rapporto tra la libertà umana e la grazia divina. Invertirne l’ordine significa alterare la comprensione stessa dell’adesione alla volontà di Dio, riducendo l’obbedienza a una forma di sottomissione invece che riconoscerla come atto pienamente umano e spiritualmente fecondo.
Nel racconto dell’Annunciazione Maria non subisce il disegno divino, ma lo accoglie. Il suo fiat non è un automatismo spirituale né una docilità passiva, bensì una decisione consapevole, pronunciata nella luce di una libertà reale. Proprio perché Maria avrebbe potuto dire no, il suo sì acquista valore morale e teologico. Senza questa possibilità, la grazia si trasformerebbe in necessità e l’assenso in mera esecuzione, svuotando l’evento della sua densità antropologica, dall'Uomo.
La tradizione cattolica ha sempre resistito a questa riduzione. Da Agostino a Tommaso d’Aquino, fino al Concilio Vaticano II, la teologia ha custodito il paradosso di una grazia che non annulla la libertà ma la muove dall’interno, rispettandone la natura. Dio non forza la volontà: la chiama. La libertà, a sua volta, non è anarchia né semplice docilità, ma intelligenza del bene e scelta del vero.
In questo quadro, Maria non è strumento inerte ma cooperatrice consapevole, socia Redemptoris. Dire che ella è libera perché obbedisce equivale a suggerire che l’uomo si realizzi solo nella sottomissione, mentre la rivelazione cristiana mostra che la salvezza passa attraverso il rischio della libertà, cioè attraverso la possibilità reale del rifiuto. È proprio questa possibilità che rende autentica la risposta della fede.
L’obbedienza mariana, allora, non è disciplina imposta dall’esterno, ma adesione libera alla verità dell’amore che si rivela. La sua umiltà non è annullamento, ma forza spirituale, sapersi creare spazio perché Dio agisca senza distruggere la persona. In lei grazia e libertà non si oppongono, ma si incontrano armonicamente, secondo il celebre paradosso agostiniano del da quod iubes et iube quod vis [dammi quello che comandi e poi comanda ciò che vuoi] .
In un tempo oscillante tra obbedienze cieche e libertà autarchiche, Maria resta il segno che la libertà autentica non è arbitrio, ma capacità di legarsi liberamente a ciò che vale. Il suo sì non è la negazione della persona, ma il suo compimento. In questo incontro tra grazia che chiama e libertà che risponde si gioca non solo la verità su Maria, ma la verità sull’uomo davanti a Dio.
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