MORALE ALL'AMATRICIANA


In Italia la morale è una cosa seria. Talmente seria che si usa solo contro gli avversari. A giorni alterni, a seconda di chi finisce sotto i riflettori.

Prendiamo il caso Hannoun. Un uomo arrestato con l’accusa di aver deviato fondi verso Hamas, organizzazione terroristica per l’Europa e per gli Stati Uniti, senza se e senza ma. Arresto legittimo, indagine doverosa, processo che farà il suo corso. Fin qui, tutto normale. Il problema nasce quando la destra trasforma le manette in una clava politica e comincia a menare fendenti a casaccio contro la sinistra. Sindaci, parlamentari, attivisti colpevoli di aver condiviso una piazza, una manifestazione, un corteo con una persona che anni dopo si scopre indagata.

È la colpa per contiguità, vecchia quanto la politica e altrettanto comoda. Se sei stato nella stessa foto, allora sei complice. Se hai parlato allo stesso microfono, allora finanzi il terrorismo. Con questo criterio, mezza classe dirigente italiana dovrebbe essere sotto processo permanente per associazione a futura delinquenza.

Ma mentre si grida allo scandalo per le “ambiguità” della sinistra, accade qualcosa di curioso. Lo stesso governo che oggi distribuisce patenti di purezza morale continua a garantire sostegno politico pieno a Israele e al suo premier, Benjamin Netanyahu. Un dettaglio...Netanyahu è formalmente accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini di guerra e contro l’umanità. Non da un centro sociale, non da un collettivo studentesco, ma da un tribunale internazionale che l’Italia riconosce, finanzia e dice di rispettare.

Qui però il metro cambia. Hamas è terrorismo, punto. Netanyahu invece gode di attenuanti infinite. Il contesto, la sicurezza, l’autodifesa. Anche quando i morti civili si contano a decine di migliaia e Gaza viene rasa al suolo, la parola “crimine” diventa improvvisamente impronunciabile, per non contare sulla stucchevole disputa sulla larola "genocidio". Questioni di alleanze, si dirà. Certo. Ma allora non chiamatela morale.

Il risultato è un doppio standard talmente evidente da non richiedere particolare militanza per essere notato. Se un palestinese residente in Italia da quarant’anni viene arrestato, allora chiunque abbia manifestato per i diritti dei palestinesi diventa sospetto. Se invece un alleato strategico viene accusato di crimini sistematici, allora si abbassa la voce, si guarda altrove, si invoca la complessità.

Naturalmente la partita non è a senso unico. Anche una parte della sinistra pratica la sua selezione morale, minimizzando o rimuovendo le responsabilità di Hamas in nome della causa palestinese, come se condannare il terrorismo significasse automaticamente legittimare i bombardamenti. È una falsa alternativa, ma politicamente utile.

Alla fine resta una certezza...in politica la morale non serve a capire il mondo, ma a colpire l’avversario. Non è uno specchio, è una clava. E guai a usarla contro se stessi.

Forse sarebbe il caso di abbassare i toni, distinguere le responsabilità, smettere di usare i morti come argomento polemico. Ma in un Paese dove ogni tragedia internazionale diventa subito propaganda domestica, la sobrietà è considerata un difetto. E la coerenza, un lusso per ingenui.

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