PER CHI SUONA LA CAMPANA?
[La campana che risuona contro l'aborto scatena un caso a Sanremo
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Quella campana, così com’è concepita, finisce per trasformarsi in una condanna quotidiana e generalizzata delle donne che scelgono l’interruzione di gravidanza. Una condanna che non distingue, non ascolta, non problematizza. Cancella in un colpo solo le motivazioni spesso drammatiche che stanno dietro a quella scelta...gravi rischi per la salute fisica o psichica della madre, malformazioni fetali incompatibili con la vita, gravidanze frutto di violenza.
La legge 194 nasce esattamente per tutelare queste situazioni estreme. Riconosce che l’aborto non è mai una decisione presa a cuor leggero, ma talvolta l’unica possibile per preservare la salute, la dignità e l’autodeterminazione della donna. È una legge che non banalizza, ma prende atto della complessità e del dolore.
Ben diverso è il discorso quando si parla di abusi, maltrattamenti, sfruttamento o uccisioni di bambini già nati. In quei casi c’è sempre un responsabile preciso, un colpevole concreto. E non esistono attenuanti, né giustificazioni morali possibili.
Il nodo centrale, dunque, non è la dignità dei morti... e su questo nessuno discute. Il problema è l’equiparazione. Il Monsignore, e chi difende questa iniziativa, mette sullo stesso piano azioni radicalmente diverse, senza alcuna distinzione sulle condizioni, sulle costrizioni, sul conflitto interiore che accompagna una donna che ricorre all’aborto. Così facendo, la donna viene implicitamente accostata all’omicida, al pedofilo, allo sfruttatore, al genocida.
Ma l’aborto, entro i limiti previsti dalla legge, è un diritto riconosciuto. E non nasce mai dall’indifferenza o dal desiderio di fare del male. Al contrario, quasi sempre è attraversato da sofferenza, paura, dolore, senso di perdita. Ridurlo a un atto moralmente equivalente a un crimine violento significa negare la realtà umana di quelle esperienze.
C’è poi una questione di coerenza, difficilmente aggirabile. Se davvero l’obiettivo fosse commemorare tutte le vite spezzate, quella campana dovrebbe suonare senza sosta per i bambini uccisi dalle bombe, per quelli che muoiono di fame, per le vittime di abusi, di tratta, di sfruttamento. Il fatto che suoni solo per gli aborti rivela che l’intento non è ricordare, ma colpevolizzare.
A chi risponde che “i numeri degli aborti sono superiori” sfugge un punto fondamentale. Non tutte le morti hanno lo stesso peso morale, perché non tutte avvengono nelle stesse condizioni. La morte di un bambino in guerra e l’interruzione di una gravidanza per salvare la vita di una donna non sono moralmente equivalenti. Ridurle a una mera contabilità è un impoverimento etico.
Nel suo effetto concreto, questa iniziativa non esprime una compassione universale per la vita umana. Produce stigma. Alimenta una colpa permanente. Equipara situazioni incomparabili e trasforma un gesto religioso in uno strumento di condanna pubblica quotidiana, rivolto sempre nella stessa direzione...contro le donne.
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