LIBERTÀ SENZA DIRITTI O DIRITTI SENZA LIBERTÀ?


Il Governo, come tutti i Governi, si appresta a disciplinare per l’ennesima volta il Fisco.

La retorica è sempre la stessa, con qualche sfumatura, ma alla fine è la medesima.

“Fisco amico”, “Contribuire il giusto”, “”venire incontro a chi è in difficoltà”, etc.

Sfido chiunque a non essere d’accordo con questi intenti. Nessun governante proporrebbe riforme fiscali con intenti contrari: “Fisco nemico”, “Contribuzione non congrua con quanto guadagnato”, “andare contro a chi è in difficoltà”, etc..


Generalmente le azioni poste in essere riguardano, in proporzione, piccoli correttivi per una piccola platea di contribuenti della categoria Dipendenti e una più consistente correzione positiva per un’ampia platea di Autonomi.


La motivazione data, più o meno sottaciuta, è più che altro quella “compensativa”, giostrando fra Libertà e .Diritti.


Ora la questione diventa filosofica: Meglio essere Liberi ma senza Diritti o essere Dipendenti ma con Diritti?


L’assioma è che l’Autonomo, a differenza del Dipendente, non ha diritti “costituzionali” [art. 36 cost.] quali le ferie annuali pagate, riposo settimanale, una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità di lavoro e tale da assicurare una esistenza libera e dignitosa per sé e la sua Famiglia. Per non parlare poi della indennità per Malattia che spetta al lavoratore dipendente.


Naturalmente tutto questo, per il Dipendente, ha un “prezzo”: Non poter esercitare una “sovranità fiscale”, ma forzatamente essere costretto a dare la gestione della sua Vita fiscale allo Stato [che poi si avvale anche della “complicità” dei Datori di lavoro]. Non può decidere, in periodi di crisi finanziaria determinati per esempio da imprevisti, di modulare il versamento di voci fiscali [previdenziali, assistenziali, etc] o dilazionarle, magari a tasso zero. Deve, in questi casi, ricorrere al Credito bancario. 

Il Fisco non gli viene incontro, non gli è “amico”, semplicemente il rischio di impresa del Dipendente [la Famiglia] “non è affar suo”.


L’Autonomo, in quanto tale, è invece “padrone” della sua vita lavorativa [e del suo tempo libero] e il prezzo di questa “Libertà” è esattamente e paradossalmente la mancanza dei diritti riconosciuti ai Dipendenti, anche ai suoi.

Certo che per la questione “Malattia” esistono varie Casse professionali o ricorrere alle “Polizze malattia”, le quali coprono i periodi di malattia dell’Autonomo [peraltro deducibili].

Per cui la questione “Malattia” possiamo anche “cassarla” o perlomeno non portarla come “giustificazione” per un trattamento fiscale marcatamente differente.


Rimangono i citati diritti costituzionali dell’art. 36 [le Ferie pagate] e il “Rischio d’Impresa”, leitmotiv di ogni giustificazione dei provvedimenti a favore degli Autonomi.


Sul Rischio d’Impresa c’è da dire che all’Autonomo, il Leviatano hobbesiano, riconosce un’ampia “Sovranità fiscale” lasciando al suo senso civico e di onestà la dichiarazione dei redditi [e già questo è un grande aiuto], compensando in generale eventuali periodi di crisi con facilitazioni fiscali o con strumenti atti a mitigarle, accedendo a dilazioni fiscali più o meno convenienti e/o potendo modulare in autonomia il versamento di alcune voci fiscali.


Possiamo anche in questo caso “cassare” il Rischio d’Impresa, praticamente ridotto al limite dagli interventi dello Stato, soprattutto se si agitano spauracchi come il blocco stradale coi trattori, dei taxi, dei balneari, etc, come visto ultimamente.


Il Leviatano hobbesiano, comunque, è tenuto a esercitare la sua Autorità proporzionalmente alla libertà individuale che ognuno gli delega, corrispondendo e facendo pagare a ciascuno un corrispettivo in diritti e doveri e questo vale anche per chi si ritiene Libero e fautore del proprio destino.

Dopotutto anche l’Autonomo usufruisce dei Servizi della Società in cui vive [Sanità, Sicurezza, Giustizia, Amministrazione dello Stato, Pensioni, etc] che vengono pagati dal Popolo. 

E non vale il discorso “Eh, ma io sono decenni che non mi ammalo o che non ho avuto a che fare con la Giustizia o con l’Amministrazione pubblica, per cui facendo i conti ho pagato per nulla le tasse e, a conti fatti, più di quanto mi sarebbe costato pagando la prestazione solo quando si fosse presentata” [discussione reale sentita al Bar].

Assicurare i Servizi alla Comunità in cui, nostro malgrado, si vive e convive, anche se non si è direttamente interessati, significa comunque beneficiarne. Pensiamo a una Società dove la Sanità è pagata solo dai malati o una Giustizia pagata solamente dalle parti in causa o le Pensioni pagate esclusivamente a chi ha versato i contributi e solo per quelle.

Un’altra considerazione da farsi è quella che, in Italia, l’evasione fiscale pesa per oltre 100 miliardi di euro ogni anno. Non sono proprio bruscolini e gran parte di questa evasione proviene proprio dal mondo Autonomo.

A parte gli evasori totali [circa 8000 scoperti nel 2023, completamente sconosciuti al Fisco, ma che si appoggiano ad altri Autonomi “prestanome”], il resto dell’evasione proviene da Imprese regolarmente in attività e ben conosciute dal Fisco. Tutta questa evasione proviene da quella Sovranità fiscale propria degli Autonomi. 


Ora, in questo scenario, proviamo a dare una risposta alla domanda:

“Possiamo oggi accettare una fiscalità che preveda agevolazioni fiscali di così ampio respiro e lasciati alla “Sovranità fiscale” con una semplice Dichiarazione sostitutiva?

Richieste rivolte a dilazionare [a tassi agevolati o a tasso zero o solo con una mora?] un debito fiscale in 10 anni [se superiore ai 120K€] o fino a 7 anni [se inferiore ai 120K€], sottraendolo o limitandolo per tutto questo periodo al gettito fiscale destinato ai Servizi dello Stato? O ancora giustificare una tassazione del 15% agli Autonomi che dichiarano (Sovranità fiscale) fino a 85K€/anno mentre il reddito pensionistico annuo di 20KE è tassato al 20,5%, per dire?


Ancora, possiamo giustificare questa profonda differenza semplicemente come una “compensazione” dei diritti costituzionali dell’art. 36 riconosciuti al Dipendente, da tramutarsi in agevolazioni per controbilanciare l’Autonomo?”.


Se levare il Reddito di cittadinanza può aver fatto “tramutare” il lavoro nero in contratti di lavoro “in chiaro”, perché non agire allo stesso modo contro l’evasione fiscale? Dopottutto rappresenta un “volano occulto” a cui chi lo ha generato in malafede può comunque attingervi come “salvadanaio da rompersi in caso di necessità”, e parliamo di 100mld€.

Un Fisco più rigido, inteso come maggiore limitazione della Sovranità fiscale, a un controllo anche Parimoniale attraverso un più complicato accesso alle agevolazioni [meno ampie di quelle “un tanto al kilo” attualmente in atto o pensate], sarebbe, in questo caso, davvero premiante per gli Imprenditori onesti.


Diversamente da quanto invece fatto col Reddito di Cittadinanza, dove si sono trovati di decine di distinguo, limiti [pure sul tipo di auto guidata], etc., per richiedere attualmente una rateizzazione del debito si fa semplicemente compilando un format online e inviarlo con una PEC.

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