Il principio di indeterminatezza di HEISEMBERG


L’Uomo, fin da quando ha avuto coscienza di sé e di quanto lo circonda, ha potuto sperimentare, non solo filosofare, che nella Vita vi è un’unica CERTEZZA: la MORTE.

Insomma, mentre la Vita non è scontata che accada, una volta che qualsiasi cosa inizi a vivere è certo che prima o poi muoia.

Ma alla Divinità che ha [avrebbe] Creato il Tutto, le certezze non piacciono e pure sulla Morte aleggia un velo di indeterminatezza.

La Certezza è nemica della Felicità, della progettualità, dello sviluppo. La Certezza è contrapposta alla Vita: insomma “chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza”.

Sapere esattamente la data della nostra dipartita ci renderebbe invivibile la Vita stessa, come quando si deve affrontare una scadenza, un’operazione chirurgica, le analisi del sangue [ci scriverò una bustina, sic!], ci roviniamo tutto il periodo o parte di esso, prossimo a quella fatidica scadenza.

Ma è anche vero che una Vita d’incertezze è una non-vita. L’incertezza vuol dire precarietà, infelicità, preoccupazione.

Ma allora siamo fregati!! 

Comunque la si metta, l’Uomo ne esce perdente e pure rimettersi alla Volontà della Divinità non rende la cosa più sopportabile, essendo esso stesso, l’intervento divino, aleatorio, incerto, non scontato.

E allora che si fa? Si può solo cercare di non metterci pure del nostro, dell’Umano, per rendere le cose oltremodo più insopportabili.

Purtroppo navighiamo come migranti su una barchetta traballante in balia di onde che seguono un moto ondoso irregolare e imprevedibile, e l’unica cosa che possiamo fare è quella di collaborare o, perlomeno, non rompere le scatole ai compagni di viaggio.

Eppure a guardare cosa succede su quella barchetta chiamata Terra, pare proprio che i migranti a bordo non abbiano di meglio da fare che rompersi le scatole a vicenda.

Chi prepotentemente si mangia più razioni viveri, chi defeca dentro la barca, chi minaccia di buttarne fuori bordo qualcuno per occuparne il posto, chi si considera lui avente più diritto di qualcosa rispetto a qualcun altro, etc etc.

Insomma, si sta facendo tutto il contrario di quanto previsto dal Manuale delle Giovani Marmotte e dal buonsenso in caso di navigazione precaria.

La lunga storia dell’Umanità, ahinoi, ci ha insegnato che non ci sarà mai pace e organizzazione a bordo e, anzi, nonostante si siano fatti dei grandi passi avanti per disciplinare la navigazione ci sarà sempre qualcuno che tenterà di aggirare le regole o, semplicemente, cambiarle a proprio favore e, immancabilmente, a scapito di qualcun altro.

Questo perché l’Uomo ha sempre trovato più facile “elevarsi” rimanendo fermi e facendo “abbassare” gli altri.

Le scuse sono state tante e fantasiose, spesso inventate dallo stesso “emergente”.

Da piccoli si giocava per strada [sono della Generazione X…anzi, XXL come dice mia figlia, del 1966 [I “boomer”, secondo l’Accademia della Crusca, vanno dal 1946 al 1964, ndr]. I giochi prevedevano l’applicazione di un HANDICAP che in teoria voleva mettere tutti su uno stesso piano prestazionale ma, nella realtà, era una palese ammissione di inferiorità, di paura di farci una figuraccia, etc. Questo perché gli handicap imposti erano “studiati” in modo da permettere a chi li metteva di vincere.

Non c’era più la competizione costruttiva, motivazionale a fare meglio, all’impegno per un maggiore allenamento o a un miglioramento ingegneristico dei propri carrettini con i cuscinetti a sfera, etc, si rimaneva tali e quali e si “frenavano gli avversari”; c’est plus facile!!!

Ed ecco che la stessa strategia viene applicata anche sui Diritti delle persone.

Nell’impossibilità, o meglio, nell’incapacità di migliorare la condizione di tutti i partecipanti al Gioco della Vita o a solo a un gruppo di essi, si applica l’handicap a parte dei partecipanti.

E così li si “zavorra” con farraginose e, spesso incomprensibili regole burocratiche, giustificandolo, magari, con il “volere” di una Divinità o di un’Etica “sartoriale” che vale solo per gli altri o che si applica solo in una parte fisica di questa barchetta, senza tenere conto della realtà globale.

Ed ecco che quella parte a cui si mettono impedimenti o si negano addirittura la riconoscibilità della sola ESISTENZA, cosa che per inciso esiste ed talmente riconoscibile che addirittura passa inosservata nella quotidianità, vive l’incertezza dei diritti acquisiti.

Di punto in bianco, per l’effetto prorompente che hanno le Parole dette dal possessore della palla, le regole vengono messe in discussione e si può stare certi che sarà in LEVARE.

In una Civiltà matura, democratica, umanista, i Diritti sono sempre [o dovrebbero esserlo] in SOMMARE. I diritti si aggiungono, magari in modalità e “dimensioni” differenziate, ma sempre in AGGIUNTA e mai in SOTTRAZIONE.

L’asticella va spostata verso l’alto per permettere a tutti gli atleti di migliorare e non mantenerla fissa e limitando le capacità di salto di una parte di loro.

Ma la cosa che più indigna è che dopo anni di giochi insieme, di record battuti, di risultati ottenuti, ancorché anche solo tacitamente, di punto in bianco si ridiscuta il tutto e la cui “soluzione” proposta è l’annullamento di qualsiasi risultato finora ottenuto e l’esclusione al continuare a giocare.

Ma in tutto questo le vere vittime sono i soggetti che paradossalmente si vogliono tutelare, quelli utilizzati come motivazione per le azioni e solamente perché non si è in grado di migliorare se stessi e si è invidiosi e livorosi dei risultati ottenuti dagli altri.

Come fece Sara, moglie di Abramo, la quale non potendo dare un Figlio al marito offrì la sua schiava Agar per concepire un Figlio e poi adottarlo. Nacque Ismaele ma dopo qualche tempo anche Sara, inaspettatamente, diede alla luce un suo figlio, Isacco. I due bambini crescevano insieme, spensierati e senza preoccuparsi del perché siano stati concepiti, giocando felici insieme. Sara, invidiosa di questa situazione tanto ruppe le scatole ad Abramo che questi fu costretto a cacciare Agar e suo Figlio, abbandonandoli nel deserto.

Ecco, oggi si vuole fare come Sara, invidiosa della Felicità di queste famiglie, dei loro figli, dei giochi con i loro figli “tradizionali” e fanno in modo di cacciarli e abbandonarli in un Deserto di leggi e norme.

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