IL VANGELO AL CONTRARIO SECONDO VANNACCI - LA “ANORMALITÀ”
Una delle frasi riportate dal libro del Gen. Vannacci che più hanno fatto scalpore e dalla quale è scaturito un dibattito da "stadio" fra opposte tifoserie ultras, è quella dell'aver considerato "non normali" gli omosessuali, gli italiani di origini diverse, gli italiani di religioni diverse, ecc.
Per Vannacci, la "non normalità" è da intendersi in senso statistico [sic!] e pertanto non meritevole di ricevere ascolto, riconoscimento sociale, diritti, ecc., alla pari della maggioranza dei "normali" i quali, secondo lui, sarebbero addirittura costretti da una non ben nota e chiara regia a subire la "dittatura della minoranza".
Sempre per Vannacci, quindi, la normalità è solo una questione statistica e di conseguenza, se "dittatura" dev'esserci, questa può essere solamente quella della maggioranza.
Naturalmente la minoranza statistica (qualunque essa sia: omosessuali, altre religioni, altre etnie, geografici come i "terroni", ecc.) è generosamente "tollerata" [sic!].
Soffermiamoci un attimo su questa parola: "TOLLERARE". Il suo etimo sta nella parola latina "tolerantia", derivato da "tolerare", cioè "sopportare, sostenere", e a sua volta da "tollere", "sollevare". Tollerare significa "reggerlo", "sopportarlo", e l'omosessualità, evidenzia il Generale, è stata storicamente tollerata, almeno fino a quando non ha minato l'egemonia gerarchica [sic!] della Società, della Famiglia.
E già qui, nella scelta del termine "tollerare", ci sarebbero gli indizi per considerarlo un omofobo, razzista, fascista, insomma, un "anormale statistico" (almeno mi auguro sia una minoranza, ma non sono un ottimista).
Il Gen. Vannacci, curiosamente, dedica molto tempo e risorse "dialettiche" alla "anormalità" degli omosessuali, con una particolare "attenzione" nei confronti degli uomini (riferimento a battute negli spogliatoi, impossibilità di partorire, ecc.), mentre nulla, se non per estensione del termine "omosessuale", per le donne. Probabilmente trova più "normale" l'omosessualità femminile, chissà!?
In particolare, la discriminante per essere considerati "normali", cioè nella "maggioranza", è legata alla capacità di "procreare".
Ora, l'idea che un omosessuale non si possa riprodurre è alquanto bizzarra e, soprattutto, antiscientifica. Un omosessuale può tranquillamente riprodursi esattamente come un "normale" eterosessuale, sempre che, come accade per l'eterosessuale, ne abbia la possibilità fisiologica (possedere una produzione funzionale di spermatozoi se è maschio, di ovociti se è femmina) e la volontà di farlo.
Quindi la discriminante della "capacità procreativa" possiamo tranquillamente cassarla.
Il Generale corregge il tiro e specifica l'"anormalità" circoscritta alle coppie omosessuali, argomentando, stavolta, che una coppia omosessuale, come COPPIA, non può procreare. Insomma, perché gli individui rientrino nella categoria dei "normali", lo si determina sulla capacità come COPPIA di poter procreare fra di loro e loro soltanto.
Per Vannacci, se due individui che costituiscono una coppia non possono procreare fra loro, non solo non sono "normali" ma non dovrebbero avere uguali diritti, nemmeno pretenderli imponendo la loro "dittatura di minoranza".
Anche qui il Gen. Vannacci sembra non considerare le conseguenze logiche dei suoi pensieri. La cosa è anche preoccupante se consideriamo che a scrivere è un Generale, uno che per professione e responsabilità d'incarico deve valutare ogni conseguenza delle proprie azioni, decisioni, valutazioni. Conseguenze da cui dipendono la vita dei suoi soldati, delle persone in genere... come in questo caso.
Intanto, se la "normalità" degli individui è data solamente dalla loro possibilità di formare coppie che possono procreare fra loro, significa che sono "anormali" anche quelle coppie eterosessuali che non possono/vogliono avere figli. In questo caso, illogicamente, il Generale non pensa minimamente di non riconoscere i diritti civili.
In un ipotetico e distopico mondo al contrario governato dal "Vangelo secondo Vannacci", la maggioranza statistica tollera la minoranza fatta da coppie omosessuali e anche quelle eterosessuali, perché incapaci di procreare fra loro. La questione, ahimè, non sembra essere il curioso pensiero di un Generale che, grazie al cielo, non si occupa del processo legislativo del nostro Paese, ma di recente anche la Ministra Roccella ha ribadito che l'unico modo di fare i figli è quello che avviene in una famiglia "tradizionale" composta da padre e madre conviventi e col "metodo classico" [sic!], escludendo, di fatto, anche le coppie etero che non possono figliare e che ricorrono all'adozione o a metodi di inseminazione artificiale. Personalmente la cosa mi preoccupa un po'.
A questo punto ci viene, o meglio, ci verrebbe in soccorso la Costituzione dove esplicitamente considera uguali tutti i cittadini senza distinzione alcuna.
Eppure questo principio costituzionale sembra essere disatteso. Non siamo tutti uguali; "alcuni sono più uguali degli altri" [cit.].
Un esempio? C'è una sottile ma sostanziale differenza fra il MATRIMONIO e le UNIONI CIVILI, matrimonio che è negato a una coppia omosessuale.
Per molti questa distinzione sembra essere così labile che, praticamente, possiamo anche considerarli uguali. Anzi, per qualcuno il matrimonio avrebbe pure dei paletti più stringenti come l'incomprensibile "obbligo alla fedeltà", per non parlare delle lungaggini burocratiche in caso di divorzio.
Quindi quali sarebbero questi "diritti" che la prepotente minoranza statistica reclama con così tanta antipatica e invadente insistenza se addirittura possono liberamente "fare farfallina" [cit.] con chiunque?
"Incredibilmente" proprio poter accedere come coppia al matrimonio.
Dopo tutto quello detto in precedenza... "ma sono pazzi"????
Forse, ma vediamo quali differenze comporta l'essere sposati con il contratto di matrimonio e con le unioni civili.
La più evidente e controversa e motivo della "pazzia" è quella delle adozioni. Nel matrimonio un figlio di uno dei genitori (anche illegittimo), è automaticamente considerato figlio della coppia acquisendone tutti i diritti e il giudice interviene come mero "CERTIFICATORE". Il genitore "non biologico" deve comunque dare un formale consenso e in caso negativo deciderà un giudice in base al prioritario interesse del figlio ma, come si comprende, sostanzialmente ricade nella mera volontà del genitore "non biologico". Nell'unione civile, il figlio del genitore biologico non è automaticamente considerato figlio legittimo della coppia, nemmeno col consenso del genitore "non biologico", la cui determinazione è comunque demandata al giudice che agisce, stavolta, come "ARBITRO".
La questione non è di poco conto.
Ma che conseguenze può avere questa "piccolezza"?
A parte l'evidente disparità del rispetto della volontarietà di una coppia al riconoscimento di un figlio, sebbene non biologicamente di entrambi, ne deriva anche il non diritto del genitore sociale (non biologico) a poterlo assistere, prenderlo da scuola, assumersene automaticamente la responsabilità in caso di malattia/morte del genitore biologico.
E se ad ammalarsi sono il genitore sociale e il figlio biologico del compagno, entrambi non hanno diritto di ricevere/dare conforto reciproco in ospedale, cure, ecc., anche se hanno convissuto per anni insieme e si sono sempre chiamati papà o mamma e figlio.
Questi diritti, però, non sono automatici se non dopo una decisione del giudice. Decisione non scontata, in quanto, accade spesso, che la famiglia del genitore biologico si opponga e ne reclami il prioritario diritto "genetico".
Insomma, a differenza del matrimonio dove si è famiglia nel bene e nel male, nelle unioni civili lo si è, famiglia, solo nella benevolenza altrui.
Quindi, tornando alla pedante e antipatica insistenza delle coppie omogenitoriali per avere riconosciuti gli stessi diritti derivanti dal matrimonio (c.d. stepchild adoption), non mi pare sia così "anormale" tanto da considerarla una minaccia alla famiglia "tradizionale" (e sorvolo sulla tradizionalità e, soprattutto, garanzia di "bella e buona famiglia") la quale non ha alcuna perdita e tantomeno nessuna MINACCIA se si riconosce a un genitore sociale omosessuale il diritto naturale e civile di adottare il figlio del proprio compagno/a.
Ma il Generale continua nella sua certosina ricerca di distinguo fra la normalità e l'anormalità, tirando in ballo, questa volta, la Gestazione per altri (GPA), più nota come "utero in affitto".
Piccola premessa riguardante la posizione dello scrivente sulla GPA: "Non sono eticamente favorevole al ricorso alla GPA tout-court, a prescindere se a ricorrervi sia una coppia etero o una coppia omosessuale. Non tutti i desideri devono o possono trasformarsi automaticamente in diritti [ndr].
Il desiderio di genitorialità, pur rientrando fra le "pulsioni" naturali (ogni essere vivente tende per natura alla trasmissione dei propri geni), trova il suo "limite" come diritto sugli altri.
Nel nostro essere creatura senziente e civile abbiamo elaborato opinioni un tempo ritenute "anormali", come il riconoscimento di diritti anche ai feti, agli animali, "addirittura" non da tanto tempo pure alle donne, ai "negri", ecc., riconoscendoli portatori di diritti da difendere.
Nella GPA, il diritto a una genitorialità "genetica" è riconoscibile, per sua definizione e attuazione, esclusivamente al soggetto che fornisce il materiale genetico (che per una questione "tecnica", è di solito il soggetto maschile, sia come singolo che come parte della coppia: l'uomo se una coppia etero, uno dei due compagni se omosessuale).
Nelle coppie omosessuali femminili la GPA non ha senso e si parla di procreazione assistita, dove la madre biologica ricorre a una fecondazione del proprio uovo con un donatore di sperma e portando avanti da sé la gestazione (anche in questo caso, pur in presenza di unione civile fra le due donne non v'è automatismo nel riconoscimento come figlio della coppia, ndr).
Ora, pur riconoscendo la legalità in certi Paesi (che sono più di quanto ci possiamo immaginare e meno "terzomondisti"), in molti dei quali esclusivamente su base "altruistica", ritengo corretto che in Italia questa pratica non sia consentita.
Però al contempo non posso fare finta che chi può vi ricorra usufruendo del servizio nei Paesi ove è consentito e, pertanto, qualora una coppia etero o omosessuale dovesse farvi ricorso sono comunque per il riconoscimento del figlio, evitando soluzioni incivili, eticamente e moralmente anche peggiori, come proposto o ventilato ultimamente da questo Governo (carcere, togliere i figli alla coppia e affidarli ad altre famiglie tradizionali, ecc.). Chiusa parentesi!
Ma veniamo al punto "anormale" del Generale.
Il ricorso alla GPA è praticato statisticamente per oltre il 90% dalle coppie eterosessuali. L'anno scorso sono state 250 le GPA praticate all'estero da coppie italiane, delle quali solo 8 erano omosessuali.
La GPA esiste e si è sviluppata non per una spinta da parte del desiderio alla genitorialità delle coppie omosessuali come sostiene Vannacci, ma proprio per quelle, più numerose e quindi anche più redditizie, coppie etero.
Sostenere o peggio insinuare che la minoranza statistica omosessuale voglia imporci la GPA e che questa sia stata sviluppata "per farli contenti" è fuorviante se non sbagliato.
Quindi, finora, non riesco a trovare alcun elemento di "anormalità" nell'omosessualità e spero che il Generale Vannacci non si voglia riferire e sindacare l'orientamento sessuale delle persone. Perché se basiamo la definizione di NORMALITÀ sui gusti sessuali, beh, qui apriamo un mondo, soprattutto eterosessuale, che di NORMALE ha ben poco. Basta farsi un giro nelle categorie dei siti porno, così mi ha detto un amico... 😊.
Vannacci porta poi il suo ragionamento a sostegno dell'"anormalità" degli omosessuali osservando il loro comportamento durante il "GAY PRIDE", la nota e ormai diffusa manifestazione del sempre più ampio mondo omosessuale.
Il Generale, di quella manifestazione, ne coglie esclusivamente l'ostentazione della propria "ambiguità" con ammiccamenti sessuali, pornografici, anche blasfemi.
Sulla blasfemia faccio una piccola chiosa: mi fa sorridere che viviamo in una società dove si nega il riconoscimento come aggravante di una violenza (fisica o verbale) nei confronti di un omosessuale in quanto tale, spesso addirittura "parteggiando" per il carnefice, e si considera una trasgressione da reato penale la blasfemia (bestemmia), quando è rivolta a un essere invisibile cui si crede solo per fede (ormai di pochi), venendo puniti da uno Stato laico, anche se il reo non crede nell'esistenza di Dio a prescindere.
E rimanendo nell'ambito della dittatura della minoranza statistica, questa mi pare abbastanza paradossale.
Il Generale, quindi, vede solamente il lato folkloristico, ostentato, blasfemo del Gay Pride, considerandolo semplicemente una carnevalata di cattivo gusto e basta.
Ma non si accorge, e qui torna la mia preoccupazione per un Generale che dovrebbe considerare tutti gli aspetti di un fenomeno, dei dibattiti sui problemi sociali, dei diritti, delle richieste di aiuto e tutela che si svolgono a corollario dei Gay Pride. Purtroppo per loro poco pubblicizzati e venendo preferiti mediaticamente dallo spettacolo della sfilata.
Che poi, sinceramente, a parte il Gay Pride, ma vedete in giro frotte di omosessuali svestiti, col deretano di fuori o che offendono i simboli religiosi (però solo quelli cattolici, per gli altri verrebbero pure applauditi e difesi dai Vannacci-boys, ndr)?
Un'altra preoccupazione del Generale Vannacci, tanto da non farlo dormire la notte, è la "Teoria GENDER", summa della "dittatura della minoranza" che, a detta sua, serpeggia nei media, nel cinema, in TV e, soprattutto, nelle scuole.
Ma che cos'è questa Teoria GENDER?
Nei primi anni '90, il mondo ultracattolico, conservatore e di destra, ha coniato questo termine con intento dispregiativo, insinuando l'esistenza di un progetto complottista ordito da fantomatiche lobby omosessuali, progressiste e di sinistra finalizzate al cambiamento culturale "tradizionale, naturale, addirittura divino", cioè i cardini della nostra civiltà che sono: la famiglia, esplicitata coi RUOLI (la percezione della propria sessualità intesa esclusivamente come MASCHIO o FEMMINA), la patria e Dio.
Tutto questo avverrebbe principalmente minando la libertà d'espressione, in particolare con l'uso esagerato e spinto del "politicamente corretto", cioè del revisionismo culturale, tramite la censura di parole ritenute dalla minoranza statistica "anormale" come offensive, nell'imporre modelli di famiglia o sociali "anormali" come le coppie omosessuali, multietnici, multireligiosi, nel promuovere la coscienza della propria percezione di sé (di genere), del proprio orientamento sessuale, ecc. Inoltre, nelle scuole, portando programmi didattici "progressivi" dove si propinano i modelli culturali di cui sopra.
Nelle scuole, la vergognosa, subdola e strisciante Teoria Gender si annida nei testi dove si raccontano di famiglie composte da due "omogenitori" invece che continuare con la classica e tradizionale narrazione dell'unica, vera famiglia come Dio comanda, composta da un papà maschio e una mamma femmina e, per certi ambienti ultracattolici di destra assolutamente sposati "indissolubilmente" (come recentemente detto dall'ex senatore leghista Pillon). Quindi una famiglia composta esclusivamente da numero 2 persone e basta, se no non si è NORMALI (con buona pace per i figli di coppie omogenitoriali, figli di mamme/padri single, di genitori separati e poi risposati/conviventi, orfani che vivono nella famiglia dell'orfanotrofio, ecc.).
Ma anche per questo hanno una risposta seria, ferma, NORMALE: si fanno le debite DISTINZIONI.
Cioè, per farla semplice, se vivi in una famiglia di "froci" o di lesbiche, al bambino che va a scuola, accompagnato dai genitori, che vive nella sua famiglia arcobaleno, gli si dice che non è NORMALE, se sei orfano o figlio di padre/madre single o vivi coi nonni/zii o in una comunità come l'orfanotrofio allora sei comunque NORMALE.
Facile, veloce e soprattutto "statisticamente" vero.
Ancora più tranchant lo sono sulle questioni di genere: "Una persona deve sentirsi per forza come la natura l'ha partorita: Sei nato MASCHIO? Devi per forza comportarti da maschio e farti piacere le donne... e viceversa. Se non sei NORMALE non hai nessun diritto, nemmeno al rispetto e addirittura, per Vannacci, è riconosciuto il diritto ad odiarti.
Per capire la realtà del mondo, della società dove vivi, della tua famiglia, della tua percezione di genere, puoi benissimo aspettare la maggiore età. Finché vai a scuola dell'obbligo e sei minorenne ti devi adattare a racconti tradizionali, monoculturali, monoreligiosi con tanto di presepe e recite a tema biografico del Figlio di Dio a Natale, di crocifissi dappertutto, nessun riferimento a sessualità se non quella di Scienze per la parte dell'apparato riproduttivo, insomma, tutte cose "NORMALI".
E sulla "dittatura della minoranza" che cosa hai da dire?
Personalmente quando chiedo a qualcuno "normale" preoccupato della "dittatura della minoranza" di mostrarmi un esempio, non trova di meglio che riferirsi principalmente al biasimo (divieto) di potersi esprimere e rivolgersi verso gli "altri anormali" senza vincoli e limiti, giusto perché statisticamente appartenenti alla maggioranza. Insomma, lamenta il fatto che non possa dire liberamente e tranquillamente parole come "frocio, anche nella variante frocio di merda, checca, negro, anche nella variante negro di merda, mongoloide, terrone, anche nella variante terrone di merda, ecc.". Insomma al suo "Diritto all'ODIO".
Spesso, sollecitati su questo aspetto, gli aventi diritto all'odio si giustificano ricorrendo alla figura retorica della similitudine accostando il legittimo odio verso un pedofilo, un mafioso, un assassino con quello verso una "minoranza anormale", accomunandolo a un reato. Essere omosessuali, di colore, di altra religione, ecc., secondo loro, è un REATO [sic!].
Il Generale, continuando, lamenta un'eccessiva presenza di persone di altre etnie o omosessuali nei film, in TV, nelle pubblicità, negli eventi culturali, insomma quello che gli impongono di vedere è un modello di società che per lui non esiste o non dovrebbe esistere o, al limite, non dovrebbero mostrarlo. Tutto questo, per Vannacci, è "anormale" e lo dice rimpiangendo i "bei tempi" dove nei film al cinematografo (come si diceva agli inizi del secolo scorso, cosa voluta dallo scrivente) le parti dei "negri" erano interpretate da attori bianchi con la faccia dipinta di nero e dove anche le parti da "frocio" erano interpretate da virilissimi attori eterosessuali che ne esageravano le voci, le movenze, scimmiottando i "culattoni", scatenando ilarità, scherno e insinuando un'idea di anormalità e non meritevoli di rispetto.
Insomma, se abbiamo quest'idea di "anormalità", in fondo, lo dobbiamo proprio al continuo bombardamento culturale imposto dalla maggioranza "normale" negli anni, nei media, nelle pubblicità, nei modelli sociali imposti nelle scuole, al catechismo e nelle narrazioni in genere. E questo ha portato a un fallimentare risultato sociale e culturale, incapace di progredire e di adattarsi agli inevitabili cambiamenti di un mondo sempre più globalizzato e interconnesso. Portando certa politica a negare diritti civili, giustificando "diritti all'odio", e quant'altro. E ora che si lotta per ottenere una PARITÀ in termini di diritti, a una "normalizzazione" della società, questa viene vista addirittura come una dittatura, una minaccia, da contrastare, combattere, odiare.
Proprio il contrario di quell'altro Vangelo, dove l'unico comandamento che ci ha lasciato è stato quello di "amarci l'uno gli altri", quello sì, per i vari Vannacci, un Vangelo al contrario.
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