SE QUESTO È UN UOMO


In qualsiasi Paese, le leggi che permettono l'aborto non obbligano le donne ad abortire, né incentivano o promuovono in alcun modo il ricorso all'aborto. Si limitano a rimettere alla singola persona interessata la decisione di interrompere o meno la gravidanza.

La tesi della Chiesa, per voce di Papa Francesco, è quella secondo cui chi vota una legge permissiva in materia di aborto o sostiene politici favorevoli all'aborto [o meglio, alla libertà di scelta in questa materia] concorre nell'interruzione di gravidanza come peccato o omicidio.

Ma la legge "permissiva" in materia di aborto non è un provvedimento che autorizzi direttamente uno o più aborti: è soltanto una norma che delega all'autonomia privata [in questo caso, a quella della gestante] la decisione di interrompere o meno una gravidanza indesiderata o insostenibile.

La Chiesa e alcune associazioni Pro-Vita religiose sostengono che la Vita cominci con la procreazione, con l'incontro dello spermatozoo con l'ovulo. In quell'istante Dio insuffla l'ANIMA, dando VITA all'ovulo fecondato che diventa quindi una Persona in fieri, portatrice di diritti.

L'aborto sarebbe quindi un omicidio.

Pur essendo credente [ho un'idea eretica della Divinità], Dio lo lascerei fuori, soprattutto per difendere la sua reputazione. Se la Vita di un figlio è un dono e una benedizione, come dobbiamo interpretare la sua vita miserevole o la morte per malattia o violenza? Un riprendersi il dono?

L'aborto non è un omicidio, soprattutto quando viene praticato entro i primi 80 giorni. È infatti empiricamente accertato che, in questo periodo, l'embrione è un corpo incompleto e incapace di funzionare, oltre che inanimato, in quanto privo di regolare attività cerebrale e nervosa.

Proprio sull'attività cerebrale basiamo, nel nostro quotidiano, la distinzione fra VIVO e MORTO, fra VITA e MORTE, fra DIRITTI e FINE DEI DIRITTI.

Ora, la Legge, seguendo il parere della comunità scientifica, ha stabilito che la morte della persona e quindi la fine della persona umana coincide con la cessazione irreversibile di tutte le funzioni dell'encefalo. Si può, pertanto, ragionevolmente affermare che prima dell'inizio di una regolare attività cerebrale [cosa che avviene dopo il quinto mese di gestazione], la Persona, per come la concepiamo canonicamente, non esiste (con buona pace di Dio).

L'embrione è soltanto l'abbozzo organico di un futuro individuo umano. L'embrione non è capace di movimenti volontari e non percepisce alcunché, non può provare dolore, né rendersi conto di essere sradicato dalla parete uterina.

Gli antiabortisti sfruttano gli effetti ingannevoli prodotti dalle immagini ecografiche per persuadere l'opinione pubblica che già a 12 settimane, o anche prima, un embrione di fronte all'aspiratore che penetra nella placenta sarebbe in grado di ritrarsi, di scostarsi, di cercare la fuga e di urlare di orrore(!).

Non si può forzare la persona di sesso femminile a prestare il proprio corpo a una gestazione indesiderata, contro ogni sua volontà, interesse e convincimento etico: ciò sarebbe contrario al principio di tutela dell'integrità fisica e morale della persona, che costituzionalmente fonda il nostro ordinamento giuridico positivo.

Del resto, in tutti gli ordinamenti, in materia di donazione di organi e di sangue, il principio della tutela della vita umana viene, giustamente, sacrificato al diritto dell'individuo di essere il solo a disporre del proprio corpo.

Per esempio, non esistono leggi che obblighino i familiari compatibili a donare il proprio midollo o il proprio sangue per salvare la vita di un congiunto che ne abbia bisogno. Il nostro ordinamento, dunque, riconosce il principio che la donazione del proprio corpo, o di una sua parte, per permettere la vita di un altro, deve essere un atto spontaneo, assolutamente non coercibile e gratuito. E la stessa ratio vale per la continuazione della gravidanza.

Non costituisce, infatti, una differenza essenziale il fatto che quando si parla di gravidanza ci si trovi di fronte a un evento compiuto (magari a seguito di uno stupro o di un abuso sessuale), mentre per effettuare una donazione d'organo o di sangue è necessario l'intervento di una specifica attività umana. In entrambi i casi si tratta comunque di donare il proprio corpo o una parte di esso al fine di permettere la vita di un'altra entità umana.

Quando la gravidanza possa nuocere alla salute della donna o mettere in pericolo la sua vita, l'interruzione, anche nel caso in cui la gravidanza sia in fase avanzata, è giustificata dal principio della legittima difesa e/o dello stato di necessità.

In Europa solo a Malta e Città del Vaticano è vietato abortire anche in caso di pericolo di vita della gestante.

Nessuno infatti può essere obbligato dalla legge a preferire di salvare la vita di un altro piuttosto che la propria vita o salute fisica.

Le leggi proibitive in materia di aborto, in realtà, non eliminano il fenomeno dell'aborto, ma alimentano soltanto il mercato degli interventi abortivi clandestini (con tutti i rischi che questo comporta per la salute e la vita delle donne interessate), come dimostrano diverse denunce riguardanti il caso della Polonia che è, attualmente, il Paese europeo con la legge più restrittiva in materia di aborto (pur ammettendolo in alcuni casi), ma è un Paese nel quale gli aborti clandestini superano di gran lunga quelli praticati legalmente in Paesi dove vige un regime più permissivo.

È comunque evidente che nessuna donna, incorrendo in una gravidanza indesiderata, si rassegna di fronte all'idea di subirla, e quindi la più prevedibile conseguenza di leggi che restringano la possibilità di abortire è che le donne, soprattutto quelle meno abbienti, riscoprano mezzi artigianali per auto-indursi l'aborto, come accade attualmente nei Paesi del Terzo Mondo, spesso con esiti letali.

A questo argomento qualcuno potrebbe rispondere che neppure la legge che vieta e punisce l'omicidio elimina del tutto gli omicidi. Ma, in verità, le donne che trasgrediscono il divieto di eseguire o di sottoporsi ad aborti, nei Paesi dove questo vige, non sono personalità criminali, né agiscono con modalità criminali, e questo perché tutti coloro che non sono precondizionati dalla filosofia pro-vita avvertono che nell'aborto non c'è niente di male, che si tratta di un'azione innocua che ogni donna deve avere la possibilità di poter fare se ne avverte il bisogno.

Nessuno del resto, anche coloro che sono moralmente contrari all'aborto, potrà mai vivere realmente alla stessa maniera un aborto e un omicidio.

Dopotutto, nei Paesi dove l'aborto è vietato questo costituisce un crimine a sé, ben distinto dall'omicidio e dall'infanticidio, e punito con pena decisamente più lieve dei primi. Questo per dire quanto sia falso e solamente ideologico, dal punto di vista della realtà dell'esperienza umana, il linguaggio che identifica il feto con il bambino e l'aborto con l'omicidio.

Ricordiamo pure che l'Italia è un Paese laico, sebbene pare non sia così all'atto pratico. La legge stabilisce e consente che avvenga l'aborto, per cui lo Stato italiano deve garantire incondizionatamente la propria e l'altrui libertà di scelta e d'azione.

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