IL VELO D'IGNORANZA

C'è qualcosa di profondamente affascinante nell'idea di dover progettare una società senza sapere chi saremo al suo interno, come se dovessimo giocare a una sorta di lotteria esistenziale dove le regole che scriviamo oggi determineranno il nostro destino domani. 

Questa prospettiva, che il filosofo John Rawls ha chiamato "velo di ignoranza", ci costringe a confrontarci con una verità scomoda: molte delle nostre convinzioni politiche sono influenzate dalla nostra posizione attuale nella società, dai nostri privilegi o dalle nostre difficoltà, dalle nostre paure o dalle nostre ambizioni.
Ma cosa accadrebbe se tutto questo venisse messo da parte, se dovessimo pensare alle leggi di un paese immaginando di poter nascere in qualsiasi famiglia, con qualsiasi genere, colore della pelle, orientamento sessuale o condizione economica? La risposta a questa domanda ci dice molto su cosa significhi davvero giustizia sociale.

Partiamo dal catcalling, un esempio apparentemente banale ma che tocca questioni profonde di libertà e dignità. Se non sapessi se sarò uomo o donna, come potrei non vietare comportamenti che rendono lo spazio pubblico ostile per metà della popolazione? Il catcalling non è solo una molestia verbale, è l'espressione di un rapporto di potere squilibrato che limita la libertà di movimento e la serenità di chi lo subisce. Dietro il velo dell'ignoranza, diventa ovvio che nessuno dovrebbe dover sopportare commenti indesiderati sul proprio corpo o essere fatto sentire come un oggetto mentre cammina per strada. La libertà di espressione, spesso invocata per giustificare questi comportamenti, non può mai includere il diritto di intimidire o molestare gli altri, perché la libertà di uno finisce dove inizia quella dell'altro. E se domani fossi io a dover camminare per strada temendo commenti o approcci aggressivi?

La questione dell'immigrazione diventa altrettanto chiara sotto questa lente. Se non sapessi se sarò nato in un paese ricco e stabile o in una zona di guerra, in una democrazia consolidata o sotto una dittatura, come potrei non volere leggi che garantiscano accoglienza e opportunità di integrazione? 
Certo, l'immigrazione comporta sfide reali per le società che accolgono, ma dietro il velo dell'ignoranza queste sfide appaiono come problemi da risolvere insieme, non come motivi per chiudere le porte. Immaginerei un sistema che offre corsi di lingua gratuiti, riconoscimento delle competenze professionali acquisite altrove, supporto nella ricerca del lavoro e programmi di integrazione culturale che funzionano in entrambe le direzioni, perché anche la società ospitante si arricchisce dal confronto con culture diverse.
Se fossi io il migrante, vorrei essere trattato con dignità e avere una possibilità reale di costruirmi una vita nuova, non essere visto come un peso o una minaccia. Ma se fossi nato nel paese di accoglienza, vorrei che l'integrazione funzioni davvero, che non si creino ghetti o tensioni sociali, che ci siano risorse sufficienti per tutti.

La tassazione è forse il tema dove il velo dell'ignoranza produce gli effetti più sorprendenti sulle nostre convinzioni. Quando non sappiamo se saremo ricchi o poveri, la tentazione di progettare un sistema fiscale punitivo verso i ricchi si scontra con la possibilità di essere noi stessi in quella posizione, mentre l'idea di tasse basse per tutti si scontra con la necessità di finanziare servizi pubblici di qualità di cui potremmo aver bisogno se fossimo poveri.
Il risultato è naturalmente un sistema progressivo ma equilibrato, dove chi ha di più contribuisce di più al bene comune, ma senza disincentivare completamente l'iniziativa privata e l'innovazione. Perché se fossi ricco, accetterei di pagare tasse più alte sapendo che contribuisco a una società più giusta e stabile, ma se fossi povero, vorrei comunque che ci sia spazio per migliorare la mia condizione attraverso l'impegno e il merito. 

Questo principio si estende naturalmente all'istruzione e alla sanità, settori dove dietro il velo dell'ignoranza diventa impossibile accettare sistemi che dividono le persone in base alla ricchezza delle loro famiglie. Se non so se nascerò in una famiglia benestante o in difficoltà economiche, come posso non volere scuole pubbliche eccellenti e cure mediche accessibili a tutti? 
L'idea che la qualità dell'istruzione o delle cure mediche dipenda dal portafoglio dei genitori diventa eticamente insostenibile quando consideriamo che potremmo essere noi quei bambini svantaggiati.

Allo stesso tempo, il velo dell'ignoranza non elimina completamente le differenze e le disuguaglianze, ma le riconduce entro limiti accettabili. 
È ragionevole che chi si impegna di più o ha maggiori talenti possa ottenere risultati migliori, ma non è accettabile che queste differenze si trasformino in caste rigide o che i figli paghino per sempre le colpe o i limiti dei genitori.

Il velo dell'ignoranza ci insegna anche qualcosa sulla democrazia stessa. 
Se non sappiamo quali saranno le nostre opinioni politiche future, dobbiamo progettare istituzioni che proteggano il pluralismo e i diritti delle minoranze.
 Potremmo trovarci dalla parte di chi oggi è maggioranza, ma anche dalla parte di chi è minoranza e ha bisogno di protezione. 

Questo significa libertà di stampa, divisione dei poteri, tutela dei diritti fondamentali che nessuna maggioranza può calpestare, anche se fosse al 99%. Significa anche trasparenza delle istituzioni, perché se fossimo noi i cittadini comuni avremmo il diritto di sapere come vengono spesi i nostri soldi e come vengono prese le decisioni che ci riguardano. 

C'è però un limite importante in questo esercizio mentale: il velo dell'ignoranza funziona meglio quando parliamo di questioni dove esiste un chiaro squilibrio di potere o dove i diritti fondamentali sono in gioco, mentre diventa più complicato su temi dove le preferenze personali e culturali giocano un ruolo legittimo.
Per esempio, è facile concordare sul fatto che tutti debbano avere accesso all'istruzione, ma è più difficile stabilire cosa esattamente debba essere insegnato nelle scuole quando si tratta di valori, religione o interpretazioni della storia. Il velo dell'ignoranza ci aiuta a identificare i principi di base della giustizia, ma non risolve automaticamente tutti i dilemmi morali e politici. Inoltre, c'è il rischio di usare questo strumento in modo troppo astratto, dimenticando che le società reali sono complesse, che le risorse sono limitate e che spesso dobbiamo scegliere tra valori in conflitto.
È facile dire che tutti dovrebbero avere tutto, ma nella realtà bisogna stabilire priorità, fare compromessi, trovare equilibri sostenibili nel tempo.
 Il velo dell'ignoranza è uno strumento potente per riflettere sulla giustizia, ma non sostituisce il difficile lavoro politico di costruire consenso e implementare riforme in contesti concreti. 

Quello che rende così convincente questo esperimento mentale è che ci costringe a superare i nostri interessi particolari e a pensare al bene comune in modo più autentico. Quando non sappiamo se saremo dalla parte dei vincitori o dei perdenti, diventa naturale progettare regole che siano fair per tutti. È un antidoto potente contro l'egoismo politico e la miopia che spesso caratterizzano il dibattito pubblico. Ma è anche un invito all'umiltà: ci ricorda che la nostra posizione attuale nella società è in gran parte dovuta a fattori che non abbiamo scelto, come la famiglia in cui siamo nati, il paese dove siamo cresciuti, le opportunità che ci sono capitate. 
Questo non significa che il merito e l'impegno non contino, ma che una società giusta dovrebbe garantire a tutti almeno una possibilità equa di partenza.
In fondo, il velo dell'ignoranza non è solo un esercizio filosofico astratto, ma un modo per coltivare l'empatia e la solidarietà che sono alla base di ogni convivenza civile. È un invito a immaginare di essere nei panni degli altri, letteralmente, e a progettare le regole del gioco pensando che potremmo trovarci in qualsiasi posizione.

Non è una ricetta magica per risolvere tutti i problemi politici, ma è sicuramente un buon punto di partenza per ragionare su cosa renda una società degna di essere chiamata giusta.

Commenti

  1. Buongiorno
    😊
    Già
    Ricordo che l'espressione la tua libertà finisce dove comincia quella di qualcuno altro (attenzione, non mia, qualcuno altro) la sentii da un amico di qualche anno in più che allenava la nostra squadra di calcio di sgarrupati improvvisati. Avevo 14 anni e mi fece pensare per una settimana.
    Ma anche non fare agli altri quello non vorresti fosse fatto a te, o ama il prossimo tuo come te stesso.
    Sono il senso di equitá e giustizia però a fare la differenza.
    Io sono in questo posto, e può durare anche per i miei figli; e io allargo il limite della mia libertà e tu trovi il muro sancito dalle leggi.
    Buona giornata, Tersite

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    1. La Vita è un lancio di dadi... puoi nascere in Italia o... 30km più a sud, in Libia... 😞

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    2. Certo
      Giusto comprenderlo, così come accettarlo anche come punto di partenza se sei fortunato come noi

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  2. Complimenti per questa splendida bustina! Il concetto del velo dell'ignoranza è chiaro e profondo. Offre davvero molti spunti preziosi sulla giustizia, l'empatia e la democrazia. Anche la riflessione sui limiti è stimolante... il tutto è un invito potente a pensare al bene comune con umiltà e responsabilità. Ottimo lavoro! 😉

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