FRA PANCIA E CERVELLO

Benvenuti nel paese dove l'ipocrisia è diventata arte di governo e la contraddizione una virtù nazionale: l'Italia, terra dove si riesce nell'impresa titanica di importare mezzo mondo per farlo lavorare mentre si strilla che siamo invasi, dove si firmano decreti flussi a raffica mentre si proclama che bisogna chiudere i porti, dove si assume il badante romeno per la nonna ma si vota per chi promette di cacciare via tutti i romeni. Qui abbiamo 5,4 milioni di stranieri residenti che evidentemente sono così bravi a nascondersi che nessuno se ne accorge quando la mattina escono di casa per andare a costruire le nostre case, pulire i nostri uffici, accudire i nostri vecchi e raccogliere i nostri pomodori, ma diventano improvvisamente visibilissimi quando c'è da fare campagna elettorale. È il miracolo italiano della percezione selettiva: lo straniero che ti consegna Amazon a casa è invisibile, quello del telegiornale è un'orda barbarica. E che dire dei famosi 500.000 extracomunitari con regolare permesso di soggiorno programmati per questa legislatura? Ah, questi sono i clandestini più organizzati della storia, talmente clandestini che hanno già il permesso di soggiorno prima ancora di arrivare! Evidentemente hanno scoperto il segreto dell'invasione burocraticamente corretta: prima si compilano tutti i moduli in triplice copia, poi si invade. Geniali, questi invasori del terzo millennio, hanno capito che il modo migliore per conquistare l'Italia è attraverso la modulistica e i timbri della questura. Ma il vero capolavoro di questa commedia dell'arte all'italiana è la capacità dei nostri politici di tenere il piede su due staffe senza mai cadere, anzi, riuscendo pure a fare le capriole: la mattina firmano decreti per far venire migliaia di lavoratori stranieri perché senza di loro l'economia italiana farebbe la fine del Titanic, il pomeriggio vanno in televisione a urlare che siamo sotto assedio demografico. È come se il direttore generale della Fiat si lamentasse pubblicamente che ci sono troppe auto Fiat in circolazione mentre contemporaneamente ne produce altre centomila. Ma evidentemente in Italia questo si chiama "coerenza politica" e chi non lo capisce è un ingenuo che non mastica di strategia elettorale. Perché, diciamocelo chiaramente, l'immigrazione in Italia è diventata il jolly perfetto per distrarre le masse: quando l'economia va male, colpa degli immigrati che rubano il lavoro; quando la sanità non funziona, colpa degli immigrati che intasano gli ospedali; quando i treni sono in ritardo, probabilmente c'è di mezzo anche lì qualche immigrato che ha sabotato i binari. È il capro espiatorio universale, il rimedio a tutti i mali, la spiegazione semplice per problemi complessi. Peccato che nel frattempo questi terribili invasori continuino a versare miliardi di contributi INPS, a pagare l'IVA su tutto quello che comprano, a sostenere con le loro pensioni future quelle di chi oggi li considera una minaccia esistenziale. Ma questa è la bellezza del sistema italiano: riusciamo a essere razzisti verso i nostri stessi contribuenti, a odiare chi ci mantiene in piedi, a sputare nel piatto in cui mangiamo mentre lo stiamo ancora mangiando [ne ho parlato in questa Bustina] . E il bello è che gli italiani, popolo di navigatori, poeti e santi, ma anche di opportunisti sopraffini, hanno perfettamente metabolizzato questa schizofrenia: "il MIO bangladese che fa le consegne è bravissimo, lavora giorno e notte, sempre educato, però questi bangladesi in generale sono troppi e bisogna mandarli via". È l'arte italiana della distinzione impossibile: bravi i singoli, cattiva la categoria. Come dire che le gocce d'acqua sono ottime ma la pioggia è un disastro. Risultato di questa geniale strategia? Un paese che vive in un eterno stato di emergenza immaginaria mentre gestisce tranquillamente una delle più massicce trasformazioni demografiche della sua storia. Un paese che piange per l'invasione mentre conta i soldi che gli invasori gli portano in tasca. Un paese che ha fatto dell'ipocrisia sistemica non un difetto ma un tratto distintivo, una caratteristica nazionale da esportare nel mondo insieme al parmigiano e al prosciutto. E così l'Italia continua la sua marcia trionfale verso il futuro: multietnica nei fatti, xenofoba nelle parole, pragmatica negli affari, teatrale nella politica. Un capolavoro di incoerenza che solo il genio italiano poteva partorire. Chapeau, davvero.
Se l'ipocrisia fosse una disciplina olimpica, ci eliminerebbero per sospetto doping.

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