RESPINGITORI DI RESPINGITORI


C’è qualcosa di irresistibilmente ironico — quasi comico, se non fosse tutto così incredibilmente vero — nel vedere Matteo Piantedosi, ministro noto per la sua inflessibilità nel respingere migranti, finire lui stesso respinto da un Paese straniero. Non dalla Svezia o dal Giappone, ma dalla Libia. Proprio quella Libia con cui l’Italia ha stretto accordi per contenere le partenze, quella Libia dove le ONG denunciano centri di detenzione inumani, quella Libia dove, a quanto pare, si può essere dichiarati “persona non grata” senza tanti preamboli. E così Piantedosi, paladino del “restino a casa loro”, si è sentito dire più o meno la stessa cosa: “Vada a casa sua”. Il Viminale ha provato a smorzare la figuraccia parlando di “incomprensione”, che suona come quando ti cacciano da una festa e poi racconti agli amici che sei andato via perché ti annoiavi. Ma l’opposizione non si è lasciata sfuggire l’occasione e ha colpito con una battuta che, diciamolo, si scrive da sola: “Brutta cosa i respingimenti”. In effetti, quando la ruota gira e ti trovi dall’altra parte del muro, la vista cambia parecchio. E forse per un istante, brevissimo ma intenso, Piantedosi avrà potuto assaporare quel senso di spaesamento, di umiliazione, di impotenza che prova chi viene rispedito indietro senza tante spiegazioni. Certo, lui è tornato in business class, non su un gommone, ma l’ironia resta intatta e tagliente. In un mondo dove i confini si difendono a suon di decreti e motovedette, c’è qualcosa di poeticamente giusto — o spietatamente karmico — nel vedere il custode del “no” sbattuto fuori da chi, di solito, sta dall’altra parte del tavolo.

Commenti

Post popolari in questo blog

IL SONDAGGIONE: IO VOTO VANNACCI PERCHÈ...

È TUTTO FRUTTO DELLA FANTASIA?

DIALOGO VS MONOLOGO