ASPETTANDO GODOT

Ecco dunque la grande montagna che ha partorito il classico topolino, la solenne farsa diplomatica che si è consumata ieri sui ghiacci dell'Alaska con Trump e Putin che si sono ritrovati come vecchi amici di bevute dopo una lunga assenza, scambiandosi battute sui vicini di casa dato che "l'Alaska e la Russia sono così vicine" e Putin ha chiamato Trump "vicino" al suo arrivo, una cordialità che stride come unghie sulla lavagna quando si pensa che nel frattempo migliaia di ucraini continuano a morire in una guerra che teoricamente dovevano venire a discutere per fermare. Tre ore di "negoziazioni approfondite" e "molto utili" secondo la retorica putiniana tradotta simultanea, condotte in "un'atmosfera costruttiva di rispetto reciproco", parole che suonano come il bollettino medico di un malato terminale descritto come "stabile" mentre sta tirando le cuoia, e alla fine cosa abbiamo ottenuto da questo circo mediatico che ha monopolizzato l'attenzione internazionale per giorni? Assolutamente nulla, "non c'è accordo finché non c'è un accordo" ha sentenziato Trump con quella sua proverbiale profondità filosofica che rasenta il vuoto cosmico, aggiungendo che farà delle telefonate alla NATO e a Kiev, come se il destino dell'Ucraina si risolvesse con qualche squillo di cornetta, e naturalmente i due leader non hanno accettato domande dai giornalisti dopo la conferenza stampa congiunta, perché mai dovrebbero sottoporsi al fastidio di spiegare ai contribuenti americani e al mondo intero perché questo summit tanto pubblicizzato ha prodotto il nulla più assoluto, preferendo scappare via come ladri nella notte dopo aver consumato questa pantomima a spese dei contribuenti e della credibilità diplomatica occidentale. È davvero questo il culmine della grande arte del deal-making trumpiano, questo spettacolo di impotenza mascherata da cordialità che lascia tutto esattamente come prima mentre Putin può tornarsene a Mosca con la soddisfazione di essere stato ricevuto da pari a pari dal presidente americano senza dover concedere una virgola, anzi probabilmente ridacchiando sotto i baffi per essere riuscito ancora una volta a far perdere tempo prezioso all'Occidente in chiacchiere inconcludenti mentre i suoi carri armati continuano imperterriti la loro opera di devastazione? E pensare che Trump aveva persino cercato di abbassare le aspettative dicendo che un secondo incontro che includerebbe Zelensky sarebbe stato più importante, una classica mossa per prepararsi all'insuccesso che infatti è puntualmente arrivato, lasciando il mondo con l'amara consapevolezza che la diplomazia dei grandi gesti e dei summit altisonanti non è altro che teatro di strada quando mancano la sostanza, la determinazione e soprattutto la volontà di affrontare i tiranni con qualcosa di più delle pacche sulle spalle e delle strette di mano sorridenti.
E intanto, il mondo, attende Godot. 

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