FEUDATARI DEMANIALI
Le concessioni balneari italiane sono come quel gioco delle tre carte che vedi alle fiere di paese: pensi di aver capito tutto, ti sembra un affare semplice e lineare, ma alla fine ti ritrovi a pagare per qualcosa che in teoria era già tuo, solo che qualcun altro ci ha fatto un bel gruzzoletto sopra per decenni. È una storia che farebbe ridere se non fosse tragicomica: immagina il nonno che negli anni ’50 pianta due ombrelloni dietro casa e da lì in poi la famiglia continua a incassare come se avesse inventato il mare, versando allo Stato meno di quanto spendi per la pizza del sabato sera, mentre tu, per sdraiarti su quella che tecnicamente è sabbia tua, sborsi cinquanta euro come se stessi affittando una villa. È un meccanismo talmente geniale nella sua assurdità che potremmo venderlo all’estero come brevetto nazionale: un po’ come se il custode del parco pubblico mettesse un lucchetto all’ingresso, ti facesse pagare il biglietto e poi tenesse per sé quasi tutto l’incasso, lasciando al Comune giusto il resto del caffè. L’Unione Europea, da parte sua, ci osserva come la prof severa che ti chiede “E questa volta cosa hai combinato?”, mentre noi facciamo spallucce e promettiamo riforme “l’anno prossimo, giuro!”, salvo poi tirare fuori una nuova proroga con la fantasia di uno sceneggiatore di soap. Però, diciamolo, molti di questi “pirati della spiaggia” non passano le giornate a contare i soldi con i piedi a mollo: si alzano all’alba, sistemano lettini, affrontano clienti che si lamentano se il vento sposta l’ombrellone o se la sabbia scotta, e spesso hanno investito ogni risparmio per costruire quello che, visto da fuori, sembra un paradiso, ma che da dentro è un inferno di burocrazia, tasse e rogne assortite. E il bello è che noi ci indigniamo per il “furto legalizzato”, ma quando andiamo al mare vogliamo il bagno pulito, il bagnino in postazione, il bar con il cappuccino schiumoso, l’ombrellone alla distanza giusta e tutto questo pagando quanto un aperitivo in centro, perché ovviamente pretendiamo servizi da Svizzera con prezzi da Balcani. In pratica abbiamo creato un mostro e ora ci stupiamo che abbia i denti: decenni di rinnovi automatici hanno trasformato le concessioni in titoli nobiliari di famiglia, e così oggi c’è chi ha basato mutui, lavoro e vita intera su quella certezza. Se domani l’Europa dicesse “Stop, si riparte da zero con le gare”, rischieremmo di avere un collasso sociale lungo tutta la costa, con migliaia di persone senza lavoro nel giro di un’estate. È come quando da bambini giocavi per anni con regole “modificate” e poi arrivava il nuovo del gruppo, quello che voleva applicare le regole vere: tecnicamente aveva ragione, ma intanto tu e gli altri avevate già impostato la partita sulla versione “creativa”. Così restiamo in questo limbo tragicomico in cui tutti sanno che il sistema è assurdo ma nessuno sa come uscirne senza fare un disastro, mentre i turisti stranieri rimangono perplessi quando scoprono che per godersi il nostro mare devono prima fare un giro al bancomat, e noi facciamo finta che sia normale pagare per qualcosa che dovrebbe essere gratis come l’aria, che per ora non abbiamo ancora dato in concessione… anche se mai dire mai.
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