IL GIUBILEO DELL'ORMONE
C’è qualcosa di splendidamente ipocrita – e dunque assolutamente umano – nel Giubileo dei Giovani: migliaia di ragazzi accorrono a Roma con lo sguardo rivolto al cielo, ma inciampano immancabilmente in ciò che li attrae molto più del Paradiso – ovvero gli altri ragazzi. Un esercito di anime pure, zaino carico di rosari, bibbie e deodoranti da viaggio, pronti a cantare inni e poi, con la stessa foga, a cercare l’amore della vita [o della settimana] sotto forma di francesine piangenti al Pater Noster o brasiliani dallo sguardo mistico e dagli addominali evangelici. Ed è così che il Giubileo si trasforma in un gigantesco raduno dove lo Spirito Santo incontra l’ormone in pellegrinaggio, un Tinder consacrato in cui ci si scambia occhiate durante la messa e ci si dà appuntamento “per pregare insieme” sotto l’obelisco, con esiti che farebbero arrossire anche Sant’Agostino prima della conversione. Nessuno lo dice, ovviamente: tutti partono per trovare Dio e si ritrovano a studiare il profilo della ragazza tre file avanti, con lo stesso fervore con cui si mediterebbe un versetto del Vangelo secondo Giovanni. I momenti di catechesi si trasformano in speed date sotto copertura liturgica, le confessioni diventano prove generali di alibi spirituali, e i giardini vaticani – oh, quei giardini vaticani – conoscono più di un segreto che non finirà mai sugli annali della Santa Sede. Il tutto mentre le autorità ecclesiastiche benedicono, predicano, sorridono e chiudono un occhio [se non due], perfettamente consapevoli che nulla cementa la fede di un ventenne come un flirt internazionale con sfondo sacro. Perché diciamocelo: Roma, durante il Giubileo, smette di essere solo la Città Eterna per diventare l’Erasmus con l’incenso, dove si canta, si prega, si ride e si sussurra in 27 lingue, si piange per Gesù e ci si consola con abbracci strategici, e si riscopre il significato più viscerale del "moltiplicatevi", con buona pace della castità. I pullman che scorrazzano da Lisbona a Cracovia diventano vere e proprie sitcom ambulanti, tra tensioni amorose, triangoli spirituali e drammi da WhatsApp, con l’immancabile “ti scrivo appena torno” che ha la stessa credibilità del “restiamo amici”. E alla fine, quando la città si svuota e i selfie con le suore restano l’unica reliquia tangibile del pellegrinaggio, rimane quella sensazione dolceamara che qualcosa di incredibilmente umano – e quindi miracolosamente sacro – sia successo davvero: non sarà stata la conversione che si aspettavano, ma di certo è stato un battesimo… forse non nello Spirito, ma sicuramente nei turbamenti del cuore.
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