LE CANNE DI GIULI
Ah, il paradosso di Canne! Cioè, ditemi voi se non c’è da ridere — amaramente, ma sempre ridere — vedendo il Ministro della Cultura Alessandro Giuli sabato 2 agosto tutto compunto al concertone commemorativo per la battaglia di Canne del 216 a.C., mentre a Bologna, nello stesso momento, si ricordavano le 85 vittime della strage neofascista alla stazione. Ora, capiamoci: Canne è storia, è archeologia, è roba da guide turistiche con sandali ai piedi e cappello in testa. Ma Bologna? Bologna brucia ancora, Bologna fa domande, Bologna pretende giustizia. Eppure, il nostro ministro ha scelto l’opzione più rilassata: la disfatta epica dell’esercito romano massacrato da Annibale, nordafricano, straniero, con un’armata multietnica che oggi manderebbe in tilt un qualsiasi talk show sovranista. E allora sì, lo spettacolo è servito: un governo che si riempie la bocca di patria e identità nazionale, e poi manda la banda a suonare per celebrare la più spettacolare sberla mai presa da Roma, inflitta proprio da quello che i manifesti elettorali dipingerebbero come l’invasore perfetto. È un po’ come se la Lega decidesse di tifare Barbarossa a Legnano, o Fratelli d’Italia si innamorasse dell’Impero Asburgico: tecnicamente si può fare, ma ci vuole una bella dose di contorsionismo storico e un pizzico di faccia tosta. E qui l’ironia diventa quasi poesia: mentre si stende il tappeto rosso per Annibale, l’immigrato con gli elefanti [non è una metafora, proprio elefanti!], si evita come la peste quel passato recente dove le bombe non le lanciavano i cartaginesi ma i neofascisti italiani, e le vittime non erano soldati con elmo e spada ma pendolari, studenti, madri e figli. La memoria, a quanto pare, è come il menù di un ristorante: scegli quella che ti va, scarti quella che ti dà indigestione, e se proprio insisti con certi piatti — tipo verità e giustizia — rischi di passare per guastafeste. Quindi ecco che Giuli si fa patriota commemorando il giorno in cui la patria è stata fatta a pezzi da uno straniero, mentre Bologna resta lì, a piangere i suoi morti con la compostezza e la dignità di chi non dimentica, anche se viene dimenticato. Ma del resto, commemorare Annibale è molto più comodo: lui è morto da secoli e non rompe più le scatole. I parenti delle vittime, invece, parlano ancora. E questo, per qualcuno, è un problema.
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