OCCHIO PER OCCHIO

È straordinario come certi paladini autoproclamati della cristianità riescano a compiere autentiche acrobazie mentali. Prendiamo il loro cavallo di battaglia: impedire la costruzione di moschee perché, a loro dire, “eh, ma in Arabia Saudita non ci fanno costruire chiese” [essendo terra santa per l'islam non sono permessi altri templi, come nel Vaticano, per dire]. Praticamente, duemila anni di evoluzione teologica buttati nel cesso per tornare alla legge del taglione — quella stessa legge che, secondo il racconto, il loro Maestro avrebbe superato con un concetto rivoluzionario: amare il nemico. Ma evidentemente era troppo complicato da digerire tra un rosario e un comizio elettorale.

La logica è impeccabile: siccome in certi paesi musulmani regna l’intolleranza religiosa, noi dimostriamo la superiorità della nostra civiltà cristiana… comportandoci con identica intolleranza. È un po’ come dire: “Sono più bravo di te a giocare a calcio” e poi iniziare a giocare a rugby per dimostrarlo.

E, ovviamente, l’ira divina di questa crociata si abbatte sempre su personaggi pericolosissimi come Mustafa, cassiere al Martinelli di Vigasio, nato a Verona, con accento veneto, una conoscenza enciclopedica del repertorio di Lucio Battisti e gran bevitore, come tutti i veneti [sì, ci sono musulmani non praticanti al 100% i precetti e peccatori, come fra i cristiani]. Colpevole di voler pregare Allah invece di Gesù, quindi, per sillogismo, complice diretto delle politiche religiose del governo iraniano. Perché, si sa, tutti i musulmani sono una monolitica entità collettiva, responsabile in solido delle azioni dei più fanatici.

Naturalmente, lo stesso principio non si applica in senso inverso. Quando si ricorda la storia cristiana — Torquemada, roghi di streghe, crociate assortite — la risposta è pronta: “Altri tempi” e “Non erano veri cristiani”. I musulmani di oggi, invece, sono tutti colpevoli dell’ISIS, anche se non ne hanno mai visto un militante nemmeno in cartolina.

La ciliegina sulla torta? Questi campioni di incoerenza si presentano come difensori dei valori cristiani, forse convinti che Gesù fosse un precursore della Lega Nord che scacciava i mercanti dal tempio perché stranieri, e non perché stavano profanando un luogo sacro. Una reinterpretazione creativa del Vangelo che meriterebbe un premio alla “fiction religiosa” più fantasiosa dell’anno — se non fosse che, dietro la sceneggiatura, non c’è genialità ma solo la solita, vecchia, banale paura del diverso, mascherata da principio morale.

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