MARTIRI
La morte di Charlie Kirk è arrivata come una benedizione per Donald Trump. Ed è brutale, ma necessario dirlo senza giri di parole, perché la verità non conosce galateo quando si tratta di potere e manipolazione delle masse. E infatti non c'è voluto neanche ventiquattro ore perché il martire perfetto emergesse dalle ceneri ancora fumanti della tragedia, perché Kirk aveva tutto quello che serviva al culto MAGA per fabbricare un santo su misura: giovane, bello, bianco, cristiano, armato di Bibbia e armi automatiche garantite dalla Costituzione, morto per la causa mentre predicava ai fedeli, caduto sotto i colpi di quello che sarà inevitabilmente dipinto come un sicario del deep state progressista, anche se fosse stato un pazzo qualunque con una pistola e un delirio personale.
Perché la verità dei fatti non conta nulla quando hai bisogno di un martire, e Kirk è morto nel momento giusto, nel posto giusto, davanti alle telecamere giuste, lasciando dietro di sé non solo un cadavere ma un'icona pronta per l'uso. E Trump lo sa, lo ha sempre saputo, che i morti servono più dei vivi quando si tratta di galvanizzare le folle, perché i morti non possono deluderti, non possono tradire la causa, non possono evolversi o cambiare idea o dire la cosa sbagliata al momento sbagliato. Sono perfetti nella loro immobilità, eternamente giovani, eternamente puri, eternamente vittime.
E così Charlie Kirk diventa San Charlie, il primo martire ufficiale della chiesa MAGA, quello che trasforma un movimento politico in una religione vera e propria con i suoi santi, i suoi miracoli, le sue reliquie, le sue processioni, le sue preghiere urlate nei comizi come fossero messe all'aperto. E Trump si erge come il sommo pontefice di questa nuova fede americana dove la politica si fonde con il misticismo da quattro soldi e la devozione cieca sostituisce il pensiero critico, perché è molto più facile governare dei fedeli che dei cittadini, molto più semplice chiedere obbedienza a chi crede nella tua santità che convincere con argomenti razionali chi pretende spiegazioni logiche.
E il bello è che Trump neanche se lo inventa questo meccanismo: lo trova già bello e pronto nella tradizione americana del televangelismo e delle megachurch, dove da decenni i predicatori trasformano la fede in business e il business in fede, creando imperi economici sulla pelle di fedeli che donano l'ultimo centesimo per la salvezza dell'anima e la costruzione del regno di Dio in terra. E Trump prende questa formula collaudata e la trasla in politica, aggiungendoci il nazionalismo, il razzismo mal celato, la nostalgia per un'America che non è mai esistita se non nell'immaginario collettivo di chi rimpiange i tempi in cui essere bianchi, maschi e cristiani bastava per sentirsi i padroni del mondo.
E la morte di Kirk arriva come il sigillo divino su questa operazione, la prova che Dio è dalla loro parte, che i nemici sono davvero dei demoni pronti a uccidere i giusti, che la guerra santa è iniziata e bisogna schierarsi. E non importa che Kirk fosse un giovane privilegiato che giocava a fare il rivoluzionario dal salotto buono dell'America conservatrice, non importa che le sue idee fossero quelle di sempre rivestite di nuova retorica, non importa che la sua morte sia probabilmente il risultato del clima di odio e violenza che lui stesso ha contribuito a creare con anni di propaganda incendiaria. Quello che conta è che ora è morto e i morti sono utili, sono malleabili, sono perfetti per essere trasformati in quello che serve al momento.
E Kirk servirà a giustificare la repressione, le leggi eccezionali, la caccia alle streghe contro chiunque osi criticare il nuovo ordine MAGA; servirà a trasformare ogni opposizione in sacrilegio, ogni dissenso in eresia, ogni protesta in attentato alla memoria del martire. Perché questa è la logica del culto della personalità quando si veste da religione: trasforma i leader in profeti, i seguaci in fedeli, i programmi politici in comandamenti, le elezioni in atti di fede, e la democrazia muore non sotto i colpi della dittatura militare ma soffocata dall'incenso delle processioni, non distrutta dalle bombe ma erosa dalla preghiera continua, non conquistata dalla forza ma sedotta dalla promessa di salvezza eterna in cambio di obbedienza temporale.
E Trump questo lo sa, lo ha sempre saputo, che l'America è un paese di credenti in cerca di una fede, di fedeli senza chiesa, di devoti senza profeta. E lui è arrivato al momento giusto con la ricetta giusta, mescolando politica e religione, patriottismo e misticismo, paura e speranza in un cocktail letale che ha trasformato milioni di cittadini in pellegrini pronti a morire e uccidere per la causa.
E la morte di Charlie Kirk è solo l'inizio, il primo sacrificio sull'altare della nuova America teocratica che sta nascendo dalle ceneri della repubblica democratica, perché i martiri chiamano altri martiri, il sangue chiede altro sangue, la violenza genera violenza in un crescendo che non si fermerà finché non avrà divorato tutto quello che resta della civiltà occidentale, sostituendola con una parodia grottesca di impero cristiano dove Cristo è bianco, armato e parla inglese con accento del midwest, dove la Bibbia è stata riscritta in chiave nazionalista e la costituzione è diventata un testo sacro interpretabile solo dai sacerdoti del regime.
E tutto questo mentre Trump sorride e conta i voti che la morte di Kirk gli porterà, perché i morti votano sempre per chi li ha trasformati in santi, e i santi non deludono mai chi li ha canonizzati.
È una straordinaria metafora, associare l'attuale politica alla liturgia delle religioni. 👏
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