DISTANZE SIDERALI


C’è chi, su X, si diverte a monetizzare il disprezzo. Un esempio lampante è il post di Annarita Digiorgio [vds la sua bio], che con tono sarcastico definisce Maurizio Landini “il sindacalista con la Treccani”, come se possedere un’enciclopedia fosse un peccato borghese, un lusso radical chic da stigmatizzare.

Eppure, quell’immagine racconta l’esatto contrario. Landini non è certo il figlio di un’élite: è partito da una saldatrice in fabbrica, ha costruito la propria militanza tra picchetti, scioperi e assemblee, fino a diventare segretario della CGIL. È uno che ha le mani segnate dal lavoro e un’idea chiara di che cosa significhi lottare per salari, pensioni e diritti sociali.

Deridere la presenza della Treccani in casa sua significa dimenticare che per decenni quell’opera è stata un sogno popolare. Le famiglie operaie facevano sacrifici per comprarla a rate: non era un simbolo di status, ma un investimento in conoscenza, una finestra aperta sul mondo.

Ridurre tutto a un meme da engagement rivela solo la povertà del discorso pubblico. Mentre Landini annuncia scioperi di otto ore contro misure che colpiscono i lavoratori, c’è chi si accanisce su una libreria, raccogliendo like facili e trasformando l’anti-intellettualismo in un atto rivoluzionario.

Ma la cultura non è mai stata un crimine. È semmai un’arma, come ci insegnava Gramsci: uno strumento di emancipazione e di lotta. Per questo la vera distanza non è tra Landini e i lavoratori, ma tra chi combatte per diritti concreti e chi monetizza i propri sarcasmi.

Se davvero siamo arrivati al punto in cui la Treccani diventa un insulto, allora non è Landini a sembrare fuori posto. È il livello del dibattito, sempre più povero e superficiale.

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