ELOGIO AL VERO IDIOTA
Il mediocre truccato da fenomeno è una figura antica quanto la civiltà — e forse ancora più longeva, perché sopravvive a ogni epoca come una specie opportunista perfettamente adattata al clima culturale del momento. È il vero parassita del pensiero: non lo nutre, non lo sviluppa, non lo mette mai in discussione. Semplicemente ci si attacca, come una zecca elegante, e ne assorbe quel poco di prestigio che può. Non ha il coraggio di mostrarsi per ciò che è, perché sa che la realtà, quella vera, è molto meno fotogenica delle sue aspirazioni. Meglio allora indossare la maschera del talento, una bella maschera rigida, scintillante, difficile da staccare ma perfetta per le luci artificiali e i riflettori dei piccoli palcoscenici quotidiani.
Il mediocre travestito non crea, non rischia, non suda. Preferisce citare — di solito male, spesso fuori contesto — pensatori che non ha mai letto davvero, ma che usa come bombe a mano culturali da lanciare per intimorire l’interlocutore. Gesti studiati, espressioni calibrate, e quella sicurezza artefatta tipica di chi non è abituato a essere contraddetto. È un attore mediocre che recita il copione del genio. E la cosa tragica è che spesso ci crede pure.
L’idiota sincero, invece, è un’altra storia. È quasi una benedizione, un dono imprevisto in un panorama sociale dove tutti recitano qualcosa. Lui no. Lui entra in scena senza copione, senza filtri, senza maquillage. Si mostra nella sua goffaggine, nella sua confusione, nell’ingenua linearità dei suoi pensieri. E proprio per questo diventa prezioso. Perché non inganna. Perché non pretende di essere altro. Perché ti permette di riconoscerlo subito, di mappare i suoi limiti senza perdere tempo prezioso in analisi politiche o psicologiche.
C’è una sorta di nobiltà nell’idiota sincero: non ti seduce, non ti confonde, non ti obbliga alla fatica del disvelamento. Non si mimetizza. Non ruba tempo con promesse vuote o illusioni ben confezionate. Al contrario, ti restituisce una sincerità brutale che disarma. E in questa onestà così spiazzante, quasi primitiva, si nasconde un valore raro: l’affidabilità.
Da un punto di vista sociologico, si potrebbe dire che il mediocre truccato prospera nelle società delle performance, dove l’apparenza vale più della sostanza e la costruzione dell’immagine è un dovere civico. È l’individuo perfetto per ecosistemi culturali che premiano la superficie e puniscono l’autenticità. L’idiota sincero, invece, è un corpo estraneo in questi ambienti: non è abbastanza competitivo, non è abbastanza strategico, non è abbastanza allenato all’arte del sembrare. E proprio per questo diventa una sorta di test: un promemoria che ci ricorda quanto sia diventata artificiale la nostra convivenza.
E c’è anche un aspetto etico e politico. Il mediocre truccato è pericoloso perché genera confusione, perché occupa spazi che non gli spettano, perché pretende ascolto senza meritarlo. È il perfetto candidato di qualunque piccola o grande oligarchia del nulla, produce consenso senza pensiero. L’idiota sincero, invece, non costruisce troni né pretende sudditi, è, semplicemente, un individuo con cui puoi avere una relazione autentica, priva di gerarchie fasulle.
E allora la conclusione è ancora più chiara e quasi liberatoria, meglio mille volte l’idiozia nuda del maquillage del falso genio. Perché l’idiota sincero non tradisce. Non la realtà, non sé stesso, e soprattutto non la tua attenzione. Con lui sai sempre chi hai davanti. Con l’altro, invece, non sai mai chi è davvero — e spesso, quando lo scopri, è troppo tardi.
La fallibilità resta la condizione naturale di chi pensa, e sbagliare con dignità è infinitamente più nobile che bluffare con mediocrità. È un atto di umanità, prima ancora che di intelligenza.
E forse è proprio questo il paradosso più grande che l’idiota sincero, pur essendo idiota, finisce per essere più vicino alla verità di quanto lo sarà mai il mediocre truccato da genio.
Commenti
Posta un commento