SEMINATORI DI TEMPESTE
Cominciamo con le buone maniere: ogni minaccia va condannata, sempre. Punto. La democrazia non funziona a colpi di intimidazione. Detto ciò, guardare Tommy Cerno e Daniele Capezzone trasformarsi in vittime sacrificali della violenza politica è uno spettacolo quasi comico, se non fosse tragico. Due professionisti del veleno mediatico che, per mestiere, spargono insulti e disprezzo come se fossero coriandoli di Carnevale, oggi scoprono miracolosamente l’importanza del dialogo civile.
È un po’ come un lanciatore di coltelli che si lamenta perché qualcuno gli ha rigato la giacca: tecnicamente ha ragione, ma forse la carriera andava ponderata meglio. Chi ha fatto dell’odio il proprio marchio di fabbrica, dell’insulto la propria arte e della diffamazione un’abitudine quotidiana, oggi si indigna se il fango torna indietro. È come vedere Al Capone tenere una conferenza sulla legalità: la forma c’è, ma il contenuto è un po’ tardivo.
Assistiamo a un paradosso surreale: chi ha trasformato il dibattito politico in un ring verbale, chi ha fatto dell’aggressività la propria identità professionale, oggi si erge a difensore della civiltà. È l’anarchia intellettuale più pura: le regole valgono solo quando conviene, insultare è lecito, essere insultati è un attentato alla democrazia. È come giocare a calcio con le mani in attacco e invocare l’arbitro in difesa: schizofrenia regolamentare in diretta.
Se davvero credi nel dialogo civile, dovresti praticarlo prima di scoprire improvvisamente la sua bellezza quando ti trovi sotto tiro. È come un piromane che protesta per lo smog o un bullo che denuncia il bullismo: possono avere ragione, ma la credibilità… quella resta fuori servizio. C’è poi il gusto tragicomico di vedere chi ha coltivato per anni un orticello di rancore e astio sorprendersi quando i frutti tornano indietro. È l’anarchia della coerenza: invocare principi calpestati solo quando conviene, e fare i martiri quando non conviene più.
Il risultato? Un dibattito pubblico che sembra un cabaret di ipocrisia: chi ha fatto dell’odio una professione si presenta come vittima; chi ha trasformato la politica in guerra permanente scopre i valori della pace. Chi semina vento per anni, chi accende incendi per mestiere, chi trasforma il fango in arte oggi si lamenta della tempesta. L’amnesia selettiva è straordinaria: il prezzo lo paga l’intera democrazia, ridotta a un ring dove tutti menano, tutti piangono e tutti pretendono applausi.
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