NO STRIKE ON FRIDAY
Lo sciopero del venerdì è diventato il teatro dell'ipocrisia collettiva, e il copione è sempre lo stesso, cittadini che si ergono a custodi dell'ordine pubblico, pronti a scaricare tutta la loro impotenza su chi osa disturbare il rito sacro del fine settimana. Non importa che gli stessi treni siano in ritardo anche il mercoledì, che gli autobus siano sovraffollati ogni giorno, che i servizi pubblici siano al collasso da decenni. No, il problema è "quel" venerdì, "quella" interruzione, "quel" disagio che finalmente ha un colpevole tangibile.
La genialità dello sciopero del venerdì sta proprio qui, svela l'ipocrisia. Perché se davvero il problema fosse il disagio in sé – i treni fermi, gli uffici chiusi, le scuole bloccate – allora l'indignazione dovrebbe essere identica a prescindere dal giorno. Ma non lo è. Il martedì passa quasi inosservato, il giovedì genera qualche borbottio, ma il venerdì? Il venerdì è lo scandalo. Perché? Perché tocca il simbolo sbagliato, quello intoccabile... il nostro tempo libero, il nostro meritato riposo, la nostra illusione di controllo su almeno un frammento di vita.
Ed è proprio questa sproporzione emotiva che dimostra quanto sia fasulla l'indignazione. Non si tratta di razionalità, di calcolo del danno reale. Si tratta di narcisismo mascherato da cittadinanza responsabile. "Come osano rovinarmi il weekend?" – come se il problema dei lavoratori in sciopero fosse quello di rispettare il tuo programma personale.
Quello che succede ogni volta è una perfetta distorsione mediatica. ll dibattito si sposta dai "perché" dello sciopero al "quando". Salari che non coprono l'affitto? Irrilevante. Condizioni di lavoro insostenibili? Non pervenuto. Servizi pubblici smantellati da anni di tagli? Dettaglio. Ciò che conta è che "hanno scelto il venerdì", come se fosse una provocazione gratuita e non una strategia necessaria.
E così la conversazione pubblica si riduce a un gioco al massacro dove tutti possono sentirsi dalla parte giusta senza fare fatica, basta indignarsi per il giorno sbagliato. È comodo, è immediato, non richiede pensiero critico. Non devi chiederti perché i lavoratori siano così disperati da dover bloccare i treni. Non devi confrontarti con le tue complicità sistemiche [magari hai votato chi ha tagliato i fondi ai trasporti, magari hai applaudito alla "razionalizzazione" dei servizi]. Basta puntare il dito contro il venerdì e sei assolto.
Ed è qui la beffa suprema, quello che rende lo sciopero del venerdì "insopportabile" è esattamente ciò che lo rende efficace. Uno sciopero che non disturba nessuno è una sfilata folkloristica, una performance inutile. Il punto "è" creare disagio, "è" interrompere la normalità, "è" costringere chi normalmente ignora il problema a riconoscere che esiste.
Quando ti lamenti dello sciopero del venerdì, stai involontariamente ammettendo che ha funzionato, ti sei accorto che esistono persone che fanno funzionare i servizi che dai per scontati, e che quando si fermano tu sei nei guai. Questa consapevolezza ti disturba, ed è più facile arrabbiarsi con loro che con chi ha creato le condizioni per cui devono scioperare.
Il venerdì dopo, tutto torna normale. I treni continuano a fare ritardo, i servizi continuano a essere scadenti, i salari continuano a essere insufficienti. Ma nessuno protesta più, perché il disagio quotidiano e diffuso non ha la drammaticità dello sciopero. È normalizzato, accettato, invisibile.
Ci indigniamo per l'interruzione eccezionale ma non per la disfunzione permanente. Questo dice tutto sulla nostra gerarchia morale: preferiamo un servizio mediocre garantito che un servizio interrotto per migliorarlo. Vogliamo che i lavoratori soffrano in silenzio, purché lo facciano senza disturbarci.
In fondo, l'indignazione per lo sciopero del venerdì è l'ennesima manifestazione della nostra illusione di controllo. Crediamo che il mondo debba adattarsi ai nostri programmi, che i nostri diritti [al weekend, allo svago, alla routine] siano superiori ai diritti altrui [al salario dignitoso, alle condizioni di lavoro decenti, al riconoscimento].
Lo sciopero ci ricorda brutalmente che non siamo al centro dell'universo, che la nostra comodità dipende dal lavoro invisibile di altri, che il sistema può fermarsi. E questo ci fa arrabbiare più del disagio stesso.
Lo sciopero del venerdì non rovina il weekend. Rovina qualcosa di più profondo, l'illusione che possiamo vivere in una società funzionale ignorando chi la fa funzionare. E quando questa illusione crolla, anche solo per un giorno, ci arrabbiamo. Non con chi ha smantellato i servizi pubblici, non con chi paga salari da fame, non con chi ha creato le condizioni dello sciopero. Ci arrabbiamo con chi ci costringe a vedere.
Ed è per questo che lo sciopero del venerdì continuerà a esistere, perché funziona. Disturba, irrita, costringe al confronto. E se l'unica cosa che riusciamo a fare è lamentarci del giorno invece di affrontare le ragioni, allora abbiamo già perso. Non il weekend – quello torna sempre. Ma la capacità di vedere oltre il nostro ombelico.
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